Regia di Alberto Sordi vedi scheda film
Per il conservatore Sordi, gli anni ottanta si aprono con uno dei film più ambiziosi del suo percorso dietro la macchina da presa. Non è inesatto dire che Sordi, tra i colonnelli della commedia all’italiana, è stato quello che meno ha saputo adattarsi all’evoluzione della cinematografia italiana, vuoi per una sorda volontà di non affidarsi ad un regista di mestiere che lo guidasse nelle scelte e lo arginasse negli istrionismi (se non in rarissime occasioni: gli amici Mario Monicelli ed Ettore Scola, l’erede designato Carlo Verdone, l’anonimo Tonino Cervi), vuoi per una testarda esigenza di proseguire un certo discorso sull’italiano medio, inevitabilmente superato. La Caterina del titolo è un robot che un ricco borghese italiano si compra negli Stati Uniti al fine di sostituire le ingombranti donne della sua vita. Peccato che, col passare del tempo, Caterina manifesti le esigenze e le pretese di una donna reale, mandando in crisi Albertone nostro.
La critica più ovvia indirizzabile riguarda la misoginia che starebbe alla base della storia, ma a ben vedere c’è una critica non banale ad un tipo di maschilismo becero che lo stesso Sordi sembra deprecare. Forse l’aria americana ha giovato alla messinscena che strizza l’occhio alla commedia sofisticata e infatti c’è una certa cura stilistica non scontata (interessante la vivace fotografia di Sergio D’Offizi). Lo stesso cast, raramente azzeccato da Sordi regista, ha un suo perché, con un occhio al recupero di Rossano Brazzi, vero portavoce degli italiani in America. Niente di fenomenale, a dire il vero il tema è buttato lì senza troppo approfondimento, specie nella seconda parte il film si perde, ma è uno dei risultati più dignitosi del regista Sordi.
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