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Sensualità morbosa

Regia di Curtis Hanson vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Sensualità morbosa

di degoffro
7 stelle

L’insegnante di educazione fisica Eddie Collins è affascinante e desiderato. Capelli biondi, fisico atletico e sportivo, sorriso smagliante, Eddie non fatica a conquistare giovani donne. Eddie però è impotente. Dopo aver ucciso accidentalmente Lauren, una ragazza conosciuta per caso in spiaggia, Eddie, sempre più ossessionato dal suo disturbo, inizia a lasciare dietro di sé una lunga ed irreversibile scia di sangue. Nemmeno Barbara, paziente ed affettuosa vicina di casa, di lui innamorata, riesce a fermare la follia omicida dell’uomo.

Prodotto da Roger Corman, il film d’esordio di Curtis Hanson ha avuto una travagliata vicenda distributiva. Dopo una prima fallimentare uscita con il titolo “Sweet kill”, Corman ha convinto Hanson a girare alcune scene aggiuntive di sesso. Il film è stato così ridistribuito in sala con il titolo “The arousers” (ma è circolato anche con un altro titolo “A kiss from Eddie”), senza peraltro migliorare la sua sfortunata sorte al botteghino. Thriller psicologico molto anni settanta, “Sensualità morbosa” è un’opera non del tutto compiuta. Da un punto di vista narrativo il film infatti denuncia una certa monotonia nel racconto (alla lunga è il susseguirsi ripetitivo e lento degli incontri di Eddie con fanciulle attraenti, destinate però ad una brutta fine). Non mancano ingenuità e forzature, alcuni passaggi appaiono del tutto superflui (i consigli sentimentali che Eddie dà a un suo studente impacciato con le ragazze o la visita della coppia di poliziotti all’appartamento dell’amica della prima vittima, con la scoperta di una bustina di marijuana). C’è poi un risvolto psicologico forse un po’ banale e usurato (fin da piccolo Eddie era abituato a vedere la madre spogliarsi dietro la tenda del ripostiglio). Hanson, anche sceneggiatore - in più occasioni ha ricordato questa esperienza come infelice - forse assecondando le richieste di Corman, si perde in ricorrenti e a conti fatti noiosi nudi femminili (tre spogliarelli nei primi dieci minuti).

Eppure “Sensualità morbosa”, con tutti i suoi difetti, conserva un suo fascino malsano, curioso, non scontato. Al centro un tema come l’impotenza maschile che, probabilmente, all’epoca dell’uscita del film, era ancora considerato tabù. Viene inoltre ribaltata in modo spiazzante e coraggioso l’immagine riconosciuta del bel Tab Hunter, divo molto amato dalle teenager negli anni cinquanta, qui alle prese con un personaggio inquieto, psicologicamente instabile ed irrisolto, reso con un’interpretazione nervosa ed irrequieta, a tratti quasi straniante. Il suo Eddie, feticista dalle pulsioni necrofile, non riesce ad avere un rapporto sereno e completo con le donne e reagisce allo stress e alla vergogna per questa sua inibizione con la violenza più atroce, rabbiosa ed improvvisa. A poco lo aiutano il legame con una prostituta che Eddie obbliga a travestirsi come sua madre per un fugace appagamento masturbatorio o le confidenze con la dolce e sensibile vicina Barbara (“Non sei come le altre.”). Punto di riferimento obbligato è Hitchcock, citato quasi platealmente nella sequenza finale alla “Psycho”, poi al centro anche dei primi thriller di successo di Hanson. Nel voyeurismo perverso e sadico del protagonista si può però vedere, con le dovute proporzioni, anche un rimando a “L’occhio che uccide” di Powell, oltre che l’anticipazione di molte tematiche che caratterizzeranno il cinema a venire di Brian De Palma. Pregevole poi come Hanson crei un’atmosfera claustrofobica ed opprimente (una Venice Beach tutt’altro che turistica ed allettante, anzi a tratti persino squallida, deserta), ma anche placida che ben si concilia con la mente deviata, turbata e vulnerabile, all’apparenza però inoffensiva di Eddie.

Con uno stile controllato, lento, fatto di lunghi silenzi e pause, spezzati da improvvise crisi d’ansia, scenate isteriche, gesti rabbiosi. Lo sguardo di Hanson è distaccato, dunque assai credibile, per descrivere ed entrare in sintonia con l’agire e la frustrazione di Eddie, nella sua ordinaria e quotidiana discesa nella follia. Una messa in scena glaciale che lascia volutamente in sospeso alcune domande ed abbraccia unicamente la prospettiva del protagonista (non ci sono di fatto indagini sui suoi delitti). E non è da trascurare l’abilità con cui Hanson esce indenne da un soggetto così scomodo. Con lampi di violenza inattesi ed alcune buone sequenze di tensione (l’omicidio della ragazza nello spogliatoio pubblico, dopo una delicata sequenza di corteggiamento erotico, il finale splatter e cruento nella doccia – ancora Hitchcock, l’uccisione della giovane amica di Lauren per strada, con il primo piano sul volto quasi trasfigurato, esaltato e ghignante di Eddie). E nel finale, lo sguardo fisso in macchina di Eddie, alla Norman Bates, in penombra con in sottofondo il tubare dei piccioni, appare spettrale, enigmatico, quasi spaventato. Ed è lo sguardo di un uomo perduto, guastato da un terribile e profondo malessere che lo ha corrotto e lacerato, trasformandolo, suo malgrado, in un seduttivo eppur sadico fantasma di morte.

Voto: 6/7

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