“Viviamo in uno stato di confusione permanente, in giro c' è molto chiacchiericcio e poca verità umana”, così Carlo Fruttero che, insieme a Franco Lucentini, è stato uno dei padri nobili dell'ironia in giallo. Tale citazione è perfettamente ascrivibile all’idea destrutturante e satirica che ha ispirato questo film del più rappresentato commediografo statunitense Neil Simon.
La realtà, infatti, che si para davanti alle caricature dei private eye più celebri del mondo (letterario) si mostra subito essere più complessa e confusionaria del solito, dai tentati omicidi a cui sono sottoposti ancora prima di arrivare a destinazione, agli inediti domestici non vedenti e sordomuti. Neil Simon ha visto bene di riunire insieme il “belgioso” Milo Perrier (Hercule Poirot), l’inglese Jessica Marbles (Miss Marple), il cinese Sidney Wang (Charlie Chan), l’americano Sam Diamante (Sam Spade), Dick e Dora Charleston (Nick e Nora Charles, gli unici che – de facto - appartengono alla commedia gialla – si veda l’Uomo ombra del 1934), e – mettendoli in competizione – di innescare un deflagrante effetto comico, che funziona soprattutto nella prima parte; il film, infatti, è caratterizzato da una presentazione al fulmicotone dei personaggi che funziona perfettamente, e una seconda parte, un pochino più debole, che scivola verso i deliranti colpi di scena finali.
Ma il suo vero punto di forza è soprattutto quello di essere un film di attori che sanno servire magistralmente l’intenzione satirica della sceneggiatura; insomma, una prova corale di pregevolezza attorale.
Il cast è All Star, amalgamato e ben diretto da Robert Moore (non osiamo immaginare quante goccine abbia dovuto ingollare, per gestire quel concentrato egotico di attori). E se David Niven e Peter Falk ripropongono in chiave parodica la propria cifra recitativa, e Peter Sellers è un po’ immobilizzato in un sinizzato che spara fulminanti sentenze pseudo confuciane (“Domande come carta igienica vetrata. A lungo andare, molto irritante.”), l’effetto a sorpresa è dato dalla levatura comica dello scespiriano Alec Guinness, che si produce in una serie di variazioni magistrali, rendendolo perfetto anche sotto la lente deformante del grotesque (doppiato magistralmente da Alberto Lionello). Per non parlare dell’unica prestazione attorale, perfettamente unta e melliflua, dello sceneggiatore Truman Capote, nel ruolo dell’enigmatico ospite ospitante. Assolutamente all’altezza anche il glorioso comparto femminile: dalla raffinata Maggie Smith alla scoppiettante Eileen Brennan, da Nancy Walker, e – più che esilarante, geniale – alla novantatreenne Estelle Winwood (classe 1883!) nel ruolo dell’infermiera carrozzata di una settantenne Elsa Lancaster (quanto tempo è passato da La moglie di Frankenstein!).
L’ambientazione, nebbiosa e gotica, è costruita ad arte, con una vis filologica che ricorda il miglior Mario Bava, per merito dell’impeccabile lavoro scenografico di Stephen Grimes, Harry Kemm, Marvin March e dalla fotografia d’antan di David M. Walsh.
Tuttavia ritenerlo 'solo' un film comico sarebbe quantomeno ingeneroso. Ci troviamo, infatti, davanti a un vero e proprio inno al relativismo, nonché un atto di accusa del lettore prima, e spettatore poi, nei confronti dell'universo dei giallisti, e delle loro (perdonate l'efferatezza) micidiali pippe mentali.
Per tutti questi motivi, Invito a cena con delitto deve essere ripreso e visto, soprattutto dai nati post anni '80 che lo ignorano bellamente. Come da rivalutare è anche il ‘sequel’ A proposito di omicidi... , sempre della coppia Moore-Simon (1978) con un Peter Falk/Bogart da urlo. Nove anni dopo, Jonathan Lynn, su soggetto di John Landis, tenterà un’operazione simile col gradevole Signori, il delitto è servito (1985).
Non è, inoltre, curioso che ad appena un anno di distanza da questo film, Pupi Avati abbia proposto al pubblico italiano (quasi a digiuno dai tempi di Crimen di M. Camerini) un altrettanto delirante giallo comico come Tutti defunti... tranne i morti?
Infine, non è una esagerazione – forse - dire che se oggi abbiamo film come Glass Onion – Knives Out di Rian Johnson (2022), visibile da pochi giorni su Netflix, e cioè se abbiamo film che si permettono d’impastare l’ironia col giallo, lo dobbiamo anche a questi illustri precedenti.
Fra gli innumerevoli benefici della satira possiamo annoverare anche quello di essere una via privilegiata per il rinnovamento del canone.
Potete trovare le mie videorecensioni su youtube scrivendo nome e cognome nel motore di ricerca.
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