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La soufrière

Regia di Werner Herzog vedi scheda film

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La recensione su La soufrière

di tafo
8 stelle

Quando tutti scappano lui arriva. Quando le cose non accadono ci pensa lui ad andare oltre i fatti. Questo breve film è forse il miglior modo per approcciare il regista tedesco, nella sua mezz'ora di durata c'è molto dell'etica e dell'estetica di Herzog. Il suo uso distorsivo del cinema documentario, il senso di raccontare una storia senza l'atto principale, solo Herzog poteva riuscire a rappresentare l'imprevedibilità della natura, l'inattività del vulcano come qualcosa che rifiuta prima di tutto l'equivalenza tra catastrofe naturale e evento mediatico e
che va a cercare nel paesaggio dell'isola la bellezza. Le Antille diventano il luogo perfettamente silenzioso e desolato, se non ci fossero due poveri abitanti che non potendo fuggire dalla loro indigenza decidono di affrontare il destino che la natura gli ha riservato. Il paesaggio urbano non può che essere pre-apocalittico nella realtà e apparire post-apocalittico come in un film di fantascienza dove il pericolo è reale oltreche possibile. Herzog sfrutta questa possibilità ci racconta la storia di una eruzione precedente dove l'unico superstite fù il criminale peggiore salvato dalla cella di isolamento, ma salvato dalla tragica e imprevedibile ironia della natura. Un film in cui bisogna riprendere tutto anche se poi non si vedrà niente, il contrario di oggi dove si riprende il nulla facendolo passare per il tutto.

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