Regia di Werner Herzog vedi scheda film
"In attesa di una catastrofe inevitabile" è il sottotitolo di questo assurdo, paradossale documentario di Herzog. Tanto inevitabile che non accadrà: ma non è solo in questo dettaglio - mica di poco spessore, peraltro - che si ritrova lo spirito paradossale dell'opera. Assolutamente no: è proprio la sua stessa realizzazione a farcela sembrare totalmente fuori da ogni schema, un suicidio annunciato non solo sul piano cinematografico, ma pure su quello concreto. Perchè non ha nessun senso andare a filmare la distruzione di un'isola, probabilmente andando incontro anche alla propria fine: fino a che punto può spingersi, insomma, il cinema nella ricerca della verità? Fortuna ha voluto che la catastrofe non si sia verificata e Herzog abbia potuto completare questo breve - mezzora appena di durata - documentario, ma è meglio poterlo vedere e non trovarci ciò che ci si aspettava (la morte, la fine, la distruzione) o meglio non averlo potuto vedere e, quindi, trovarsi di fronte ad un prodotto eticamente e artisticamente ineccepibile (che però non esiste più)? Al di là di questo discorso, che come si è accennato non è soltanto di ordine logico, La soufrière è in grado di regalarci qualche lampo di sconfortante verità: cani morti di fame abbandonati lungo la strada, semafori lampeggianti in uno sfondo cittadino postnucleare, tre uomini ancorati alla fede di dio che ripetono all'unisono 'si muore comunque' e si aggrappano alle loro scarse (quantitativamente, ma ben salde) certezze rifiutandosi di seguire la massa fuggita dall'isola. Questo film è un esempio di cinema coraggioso e curioso, che conferma (e le espone all'ennesima potenza) la grandi capacità del primo Herzog. 8/10.
In un'isola caraibica il vulcano La soufrière sta per esplodere: 75000 abitanti vengono fatti sfollare. Si dice che sia rimasto, però, un abitante solo, un vecchio solo e povero che preferisce morire che andarsene. Herzog e due operatori accorrono, per trovare uno scenario desolato da film di fantascienza e non uno, ma ben tre uomini in attesa della loro stessa morte.
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