Regia di Takeshi Kitano vedi scheda film
In quest’opera Kitano inventa un altro se stesso, con i medesimi sogni artistici, però privato del successo. Il suo sosia è lo zimbello dei suoi personaggi, ed è vittima della realtà ritratta nei suoi film, come per dimostrare che è solo un caso se il vero Takeshi è riuscito a sottometterla e a domarla e non è avvenuto il viceversa. Egli, attraverso il suo doppio, si immagina come uno yakuza che affronta il frutto della propria fantasia a suon di colpi di pistola, per arginarne l’avanzata prorompente, ed evitare che esso si trasformi in incubo. I protagonisti delle sue storie appaiono come rivali invasori e onnipresenti, in grado di risorgere dalla morte e di moltiplicarsi all’infinito, e lui è come l’apprendista stregone che cerca disperatamente di spezzare, nel sangue, l’incantesimo che ha inconsapevolmente scatenato. La vita spesso ci viene incontro con doni che non desideriamo, che provengono dalla persona sbagliata, o che nascondono insidie: così è anche per i fiori della creatività, che qualcuno ci posa sulle braccia, ma che non sempre ci recano gioia.
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