Regia di Henri Colpi vedi scheda film
Un uomo a cui è stata rubata la memoria è come un corpo sopravvissuto alla propria anima. Il protagonista di questo film, vagabondo senza storia né identità, è un essere a cui, mancandogli ogni ragione di amare e di odiare, resta solo un perenne stupore di fronte ad un mondo che gli è totalmente ignoto A quindici anni dalla fine del secondo conflitto mondiale, per la gente la guerra è ormai relegata nell’oblio determinato dalla volontà di ricominciare; solo per lui, reduce da un campo di prigionia, gli eventi bellici sono un eterno trauma inestinguibile, che blocca l’avanzare della vita. La sua esistenza si è annodata intorno al rifiuto dell’orrore di cui è stato testimone e vittima, e che l’ha estraniato da una realtà che, improvvisamente, gli è apparsa incomprensibile ed insopportabile. Per questo motivo egli si aggira per le strade come un fantasma, senza partecipare ai riti della quotidianità, e senza riconoscere nessuno, come un alieno che guardi e non capisca. Egli isola, da un contesto che per lui è misterioso, le poche suggestioni che è ancora in grado di apprezzare, come la musica lirica e la carta patinata delle riviste: il diario del suo penoso percorso è una raccolta di fotografie ritagliate lungo i contorni del soggetto, e separate dallo sfondo, perché ciò che sta dietro ed intorno alle cose continua, purtroppo, a sfuggirgli. Thérèse Langlois, moglie di un disperso in un guerra, crede di ritrovare in lui ciò che egli ha definitivamente perso: il capo di un filo spezzato tanto tempo fa, e la cui estremità opposta affonda nell’oscurità di un enigma irrisolto. Le due metà, però, non combaciano: lui vive nell’ignoranza, lei nell’illusione, e in mezzo a loro permane un fossato incolmabile, fatto in parte di silenzi, in parte di parole che non giungono a destinazione. La loro breve storia sentimentale è dunque un fortissimo concentrato di desiderio, sublime e incondizionato perché impossibile da soddisfare. L’eternità risiede forse proprio nella speranza che non si spegne mai, perché mai potrà avverarsi, e la perfezione nell’assenza della concretezza, che impedisce il guaio della disillusione: ciò che si sottrae al confronto col reale rimane confinato nel regno dell’inesistente, dove il vuoto e l’impossibile sono le più pure e incontestabili manifestazioni dell’assoluto.
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