Regia di Silvio Siano vedi scheda film
Silvio Siano girò una manciata di titoli fra gli anni Cinquanta e Sessanta, per poi dedicarsi, nel corso dei Settanta, alla fase produttiva, sempre rimanendo in ambito di cinema 'di genere'; uno dei suoi lavori più noti - comunque un eufemismo, visto che anche in rete le informazioni su Siano sono poche - è questo Lo sgarro, cinema civile sulla scia delle prime opere del conterraneo (napoletano) Francesco Rosi, come I magliari (1959), con un occhio di riguardo anche agli esordi del Pietro Germi di In nome della legge (1948). Le distanze dai due nomi più noti sono evidenti, certo, ma questa pellicola non è affatto priva di ottime intenzioni e di spunti interessanti, nonostante una pochezza di fondo della trama che la penalizza un po' (sceneggiatura del regista stesso insieme a Sabatino Ciuffini). La co-produzione francese consente comunque a Siano di disporre di un cast da apprezzare: Gerard Blain, Saro Urzì, Charles Vanel e in ruoli minori anche Nino Vingelli e Giacomo Furia sono i nomi principali. Probabilmente anche il lieto fine è poco azzeccato, per un'opera che si propone qualche intento di denuncia sociale; ma chiude comunque il cerchio di un film che, proprio per la sua impostazione di scrittura, punta altrettanto all'intrattenimento del grande pubblico. 4/10.
Nell'entroterra campano un giovane dapprima si scontra con un gruppo di camorristi, per poi entrarne a far parte. Ma non è quella la vita che fa per lui e ben presto esce dalla banda criminale commettendo il cosiddetto 'sgarro'.
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