Regia di Benny Chan vedi scheda film
Un (super) poliziotto di Hong Kong è costretto a vedersela con un gruppo di rapinatori spericolati e micidiali, dediti all’uccisione, per gioco, di poliziotti. Lo scontro sarà arduo e non privo di conseguenze.
Il film, classico crime-story asiatico aggiornato con doverosi innesti di tecnologia internettiana, ha una partenza mozzafiato: i primi 40 minuti, dall’incipit/presentazione dei personaggi ed antagonisti principali fino alla notevole sequenza del magazzino, non lasciano il tempo di tirare il fiato. L’azione si manifesta in maniera ipercinetica e violenta, lasciando al regista il tempo di svelare compiutamente l’ambientazione patinata della metropoli asiatica, a tratti ibridata con istanze cyber-punk e post-industriali, nonché di regalarci un ricco e professionale lavoro di inquadrature veloci e montaggio frenetico in puro “Hong Kong style”, rifuggendo totalmente l’uso del “ralenty”. Su queste basi filmiche iniziali, il protagonista Jackie Chan è direi perfetto e, con il suo fisico da folletto, la mimica gommosa da attore muto e la sua agilità felina, a suo agio nelle evoluzioni chiassose della trama. Dove, purtroppo, la verve di fondo perde incisività è nell’eccessiva e (a volte) sfiancante dose di situazioni drammatiche (la caduta e la lenta risalita dell’eroe) e strappalacrime, talmente reiterate da sfiorare il ridicolo involontario. Tutti i protagonisti, poi, non sono a loro agio in tali fasi recitative (soprattutto Jackie Chan) e non riescono (a mio avviso) a coinvolgere emotivamente lo spettatore. Tolte queste fasi “spezza-ritmo”, comunque, il film offre uno spettacolo divertente e vario, con sapienti inserti di situazioni da commedia (la fuga dalla prigione), le ottime coreografie dei molti combattimenti (caratteristica principe dei film con l’attore cinese) e un lavoro sceneggiativo non comune in lavori similari.
Rumorosa.
Veloce.
Gommoso.
Redento.
Ispirante.
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