Regia di Hans-Christian Schmid vedi scheda film
Tratto da una storia tragicamente vera, Requiem mette in scena gli abissi della psiche umana. Racconta di Micaela e della sua crescente convinzione di essere posseduta dal demonio. Ma il male di Micaela è solo nella sua testa, ed è figlio del contesto sociale nel quale è nata e cresciuta, ossia quello di una famiglia mentalmente blindata dominata da una madre ossessionata dalla religione, che esercita su di lei un controllo pressoché totale che giunge fino a volerle vietare (a 21 anni) di indossare determinati abiti, mentre il padre, a parole più ragionevole e nelle intenzioni affettuoso e protettivo, nei fatti ne avalla ogni sopruso, incapace com'è di contrastarla. Girato con stile asciutto e scarno, quasi interamente con camera a mano e senza accompagnamento musicale (fatta eccezione, ovviamente, per le scene in discoteca), Requiem porta sugli schermi la caduta senza scampo di una ragazza indifesa, sin dalla nascita vittima dell'integralismo religioso, vera e propria patologia della psiche distillata dalla somma ignoranza di una madre padrona, ci sbatte in faccia i mostri che questa ignoranza subdolamente genera nella testa di una figlia fragile sensibile e priva degli adeguati sostegni, e mostra l'incredibile deriva mistica che ne consegue, con l'illogico rifiuto dell'unica via concretamente percorribile, quella razionale del disagio psichico. Requiem è un film da vedere e far vedere, in cui non ci si spaventa per la presunta possessione della povera ragazza, ma per l'atavica incultura che la circonda condannandola ad alimentare i propri fantasmi anziché combatterli. Regista e sceneggiatore hanno il grande merito di aver accuratamente evitato le mille trappole che avrebbero potuto condurre questa pellicola verso i lidi canonici e spesso banali dell'horror demoniaco, rinunciando sicuramente a notorietà e successo (dalla stessa storia è stato tratto anche The Exorcism of Emily Rose che, appunto, questi cliché li abbraccia tutti) ma non perdendo un grammo di onestà intellettuale. Menzione d'onore per la protagonista Sandra Hüller che, estremamente convincente in un ruolo affatto semplice, dona al personaggio profondità e anima.
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