Regia di Giulio Paradisi vedi scheda film
ASSONITIS
Stretto un patto con il Diavolo in persona, il Dott. Walker (Mel Ferrer) si è servito della bella Barbara Collins (Joanne Nail) per generare una prima bambina dotata di poteri paranormali da mettere al servizio di Lucifero stesso per dominare il mondo.
A contrastare queste forze del male, che ora cercano di far nascere un nuovo erede maschio per poter portare a termine l'opera di colonizzazione, utilizzando sempre la Collins, un tempo sposata con un primario d'ospedale (Sam Peckinpah) a mezzo del suo nuovo compagno, un dirigente di una squadra di basket (Lance Heriksen), da un lontano pianeta sopraggiunge un anziano angelo (John Houston) inviato da un Gesù Cristo (Franco Nero) che attualmente risiede il quel posto, al fine di ostacolare la vittoria del Diavolo.
Un falso incidente provocato dalla terribile figlioletta di Barbara ai suoi danni, rende quest'ultima paraplegica, per cui Walker dovrà cercare di trovare il modo di far fecondare artificialmente la donna.
Intanto sull'episodio indaga un anziano poliziotto (Glen Ford), che tuttavia sarà eliminato presto dalle forze del male che governano l'agire della terribile bambina, mentre una baby sitter con poteri da medium (Shelley Winters) cercherà di aiutare l'anziano angelo a sopraffare le famigerate forze del male, in una lotta impari apparentemente persa in partenza.
Thriller fantastico giocato tutto sull'antitesi "bene/male", sceneggiato dal "mitico" Ovidio G. Assonitis, che stavolta cede la regia a Giulio Paradisi, ma mantiene le redini di un progetto che si dimostra eccessivo, bizzarro e piuttosto kitch, ma che racchiude in sé le caratteristiche peculiari delle produzioni in capo all'estroso ed intraprendente produttore greco di origini egiziane: la capacità di produrre film commerciali con capitali prettamente italiani, ma di respiro internazionale, non foss'altro per la folta schiera di divi che l'Assonitis riesce sempre ad accaparrarsi.
Anche al prezzo di affidare a gente del calibro di Glen Ford, particine di fatto secondarie e risibili che mal si associano alla classe e alla fama del grande interprete.
Quanto a John Houston, si sa, come Orson Welles il gran regista era solito prender parte a produzioni di basso livello artistico per poter beneficiare di introiti "alimentari" che gli consentissero di trovare i fondi per i propri ambiziosi progetti personali.
Il film è grossolano e stravagante, sboccatissimo e triviale, ma per nulla sciagurato e disastroso, in grado di reggere il confronto con la qualità media dei Blockbuster americani dell'epoca.
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