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Studio legale per una rapina

Regia di Tanio Boccia vedi scheda film

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La recensione su Studio legale per una rapina

di moonlightrosso
2 stelle

Finale senza botto per Tanio Boccia indimenticato maestro del poveristico.

Un finale senza botto per il potentino Tanio Boccia (1911-1982), il "mito negativo" di Cinecittà, l'"Ed Wood italiano" che ci aveva deliziato nei sessanta con indimenticabili "pepla" e westerns ultrapoveristici.

Massacrato dalla critica, disprezzato dai suoi colleghi "...Peggio di te c'è solo Tanio Boccia!", riusciva comunque, con tanto entusiasmo e senza vergognarsi di raccattare le briciole delle altre produzioni, a rivestire i suoi miseri prodotti di una straniante godibilità, garantendo ragguardevoli incassi nell'alveo dell'allor copiosa massa di noi poveri spettatori delle terze visioni e dei cinemini parrocchiali. Con l'avanzare dell'età e con la sempre crescente difficoltà di trovare uno straccio di produttore disposto a investire su di lui, il nostro, firmatosi con l'abituale pseudonimo di Amerigo Anton, conchiude la sua sciagurata carriera con questo maldestro rapina-movie stile "Sette Uomini d'Oro", malamente commistionato con stilemi tipici del noir e del polar francese.

Un noto rapinatore soprannominato "Il Greco", (il cascatore Omero Capanna), nel tentativo di fuggire dal carcere dove era rinchiuso, precipita nel vuoto. In punto di morte comunica all'amico avvocato Maurice, da tempo radiato dall'albo, il piano di un colpo miliardario che aveva in mente di realizzare. Aiutato dalla sorella del criminale, l'ex leguleio metterà insieme una banda di specialisti ma non tutto andrà come previsto.

Una trama semplice che Tanio Boccia, maestro nel far di necessità virtù con quel poco o pochissimo a disposizione, stiracchia fino all'inverosimile per sopperire alle mancanze di un copione, vergato dallo stesso regista in accoppiata con il tal Alfredo Sander (chi era mai costui??) rimasto probabilmente in larga parte incompiuto a causa di una scontata e proverbiale povertà di mezzi. A ciò aggiungiamo un modo di girare antiquato fermo ai "sandaloni" del decennio precedente, caratterizzato da inquadrature fisse, banali primi piani, assenza quasi totale di movimenti di macchina e montaggio pedestre, con la sola eccezione, se vogliamo, della scena iniziale quasi da nouvelle-vague dove si alternano con una certa efficacia binari del treno e volto del protagonista.

I pochi nomi noti del nostro cinema minore come Ivano Staccioli, George Wang, Paul Muller e Brigitte Skay, il cui breve ruolo si fa ricordare unicamente per un'esibizione di una manciata di secondi di cosce velate da collant rossi, cedono a protagonisti che sarebbe un eufemismo definire scialbi. Se l'avvocato Maurice ha il volto da ebete di certo Emilio Vale, già comprimario per il Boccia, la tal Gisella Sardi, nel ruolo di Anna, la sorella del "Greco", non risulta abbia messo altre volte piede su un set cinematografico.

Ambientato a Milano, ancorchè girato quasi tutto in interni, sempre per ovvi limiti di budget, il film annovera protagonisti e boss mafiosi che si chiamano Maurice Potier e Joe Franchi; se i nomi banalmente esotici contribuiscono non poco alla desolante inverosimiglianza della pellicola, non sono da meno la recitazione infantile, i dialoghi da fumetto e gli effetti speciali penosi come le fintissime scazzottate e gli incidenti automobilistici con botto fuori campo e stacco sul volto tumefatto dei malcapitati coinvolti.

Nella sostanziale noia generale si salvano soltanto per gli amanti del weird una scena erotica oltremodo spinta che vede protagonista il Vale con accenni addirittura a un "...testacoda" a lasciar presagire un'assai più nutrita "versione per l'estero", nonchè la sfilata di gioielli indossati da mannequins in bikini a evidenziare, più che i preziosi, fattezze cellulitiche che non possono non farci gridare "a morte il chirurgo estetico!".

Ciliegina sulla torta, l'apparizione nel finale dello stesso Tanio Boccia che viene mandato simpaticamente "a quel Paese" dal Vale, quasi fosse presago del fallimento totale dell'unica pellicola recitata da protagonista e più in generale di una carriera d'attore sulla quale non si può che stendere un velo pietoso.

Colonna sonora struggente a firma di Mario Bertolazzi, ancorchè in parte riciclata da "Terza ipotesi su un caso di perfetta strategia criminale".

Un'ultima curiosità per i completisti: molti database indicano quale ultima opera del Boccia "La guerra sul fronte est" con la datazione al 1981. Trattasi in realtà di una pellicola del 1970 rimasta inizialmente inedita e che trovò una sua fugace distribuzione un paio di lustri più tardi e con incassi, si presume, assai vicini allo zero assoluto.

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