Regia di Michael Powell vedi scheda film
Il 49° parallelo segna il confine fra il Canada (belligerante, in quanto parte del Commonwealth) e gli Stati Uniti (ancora neutrali fino al 1941): “una lunga linea diritta attraverso un continente [...], una linea tracciata dall’uomo su di una carta circa un secolo fa, accettata con una stretta di mano e mantenuta fin da allora [...]: l’unica frontiera indifesa del mondo”. Dopo l’introduzione recitata da una voce off amabilmente retorica, ecco la vicenda: un sommergibile tedesco viene affondato nella baia di Hudson dopo aver colpito un mercantile, sopravvivono solo sei marinai che erano sbarcati a terra in cerca di approvvigionamenti e che si ritrovano a muoversi in un ambiente ostile. Un film di propaganda i cui pregi artistici vanno al di là della sua funzione immediata e che ha un merito notevole (come, a modo suo, La signora Miniver): mostrare che la lotta al nazismo non riguarda solo i vertici politici e militari, ma deve essere l’impegno quotidiano di persone comuni. Certo, non era tempo di sfumature: quindi i tedeschi sono truci, fanatici e spietati; ma a ben guardare anche fra di loro ci sono esseri umani, come l’ex fornaio che vorrebbe tornare al lavoro di un tempo nella comunità di Hutteriti e che perciò viene ucciso dai suoi stessi compagni. Quello mi sembra l’episodio più importante sul piano ideologico, pur con qualche ingenuità vagamente comica (la scena in cui i tedeschi scoprono con stupore i meccanismi della democrazia): il discorso con cui il capo del villaggio risponde all’ufficiale che aveva esaltato Hitler è sincero e toccante, paragonabile a quello che chiude Il grande dittatore.
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