Regia di José Bénazéraf vedi scheda film
Il maestro dell'erotismo francese, José Bénazéraf, prima di sprofondare nell'hard ha diretto una decina di film interessanti. Tra i tanti, grazie anche al contributo di Janine Reynaud, attrice eccezionale, risalta Frustation, una versione coloratissima e più spinta del polanskiano Repulsion.
Periferia di Parigi. In una casa isolata, sommersa da neve, freddo e gelo, in pieno inverno, Adélaïde (Janine Reynaud) conduce un'insoddisfatta esistenza. Ormai da tempo, abita assieme alla sorella Agnès (Elizabeth Teissier) e al cognato Michel (Michel Lemoine), medico in carriera spesso costretto ad uscite improvvisate per curare i suoi pazienti. Adélaïde vive con tormentato malessere il suo essere ospite, estranea, in una casa che non gli appartiene. Una sera, dopo avere spiato Agnès e Michel in camera da letto, Adélaïde perde la cognizione del tempo e dello spazio: si trova a percorrere un lungo e infinito corridoio pieno di porte (e relative stanze), aprendo le quali gli appare sempre davanti agli occhi la coppia intenta ad amoreggiare. È solo il primo sintomo di una progressiva frustazione, che la porta a confondere sempre più frequentemente realtà e fantasia, pronta a manifestarsi anche quando, a causa di un guasto alla macchina, una coppia di estranei viene ospitata a pernottare. Un rapporto a tre con sorella e cognato; visioni di tortura con tizzoni ardenti, che tormentano la ragazza rimasta a piedi, poi Agnès (incatenata e alle prese con l'inquisizione); un sensuale accoppiamento con Michel e successiva seduzione incestuosa con Agnès: sogni, visioni, desideri inconfessabili che si perdono in un mondo onirico, destinato però a condurre la sempre più persa Adélaïde verso un finale sofferente e tragico.
Da sinistra: Elizabeth Teissier e Janine Reynaud
"Odio la vita. Giorno dopo giorno, perdo sempre. Odio la vita. Mi sento vuota. Sfinita. stanca... sì, stanca." (Agnès)
Janine Reynaud
Pioniere del cinema hard francese, José Bénazéraf (1922 - 2012) è stato un regista di classe, sempre attratto dal fascino femminile sin dall'esordio (L'éternité pour nous, 1963) e all'attivo, sino a circa metà anni '70, nella direzione di complessi e raffinati film erotici. Sperimentatore convinto di potere utilizzare il cinema porno, dietro intenzioni serie e politicamente impegnate, Bénazéraf transita all'hard con un film ibrido, Adolescenza perversa (1974), uno dei pochi titoli arrivati anche in Italia in quanto in coproduzione tra le due nazioni (tra le attrici figura la bella Femi Benussi). Seguirà più avanti una fase declinante, con porno girati direttamente in video, che dura sino al 1999. Fino agli Anni '80, Bénazéraf ha girato splendidi film, ovviamente erotici ma anche malinconici e -com'è il caso di Frustation (Turbamento carnale)- talvolta quasi horror. In questa circostanza, la protagonista, Adélaïde, sembra essere stata ideata dal regista come estrema e successiva evoluzione di Carol (Catherine Deneuve), nell'altrettanto ottimo Repulsion (1965), solo più morbosa e -spesso- svestita. Dal secondo tempo Frustation non difetta in quanto a scene di nudo che, per l'epoca, devono essere state a dir poco impressionanti. Ma Bénazéraf si guarda bene da girare scene erotiche prive di senso, avendo invece il buon gusto di inserirle in un contesto narrativo incerto, sempre sul limite tra realtà e allucinazione, con continue derive verso il mondo onirico della bellissima (all'epoca quarantenne) Janine Reynaud (1930 - 2018). Mondo che è prevalentemente costituito da visioni, e il cui accesso viene spianato allo spettatore sin dalle sequenze iniziali, nelle quali insistiti sono i primi piani degli occhi (organi di senso percettivo e quindi archétipo delle illusioni) e delle labbra di Adélaïde.
Lo sguardo allucinato di Adélaïde (Janine Reynaud)
La bella fotografia sottolinea con vivaci colori gli interni dell'appartamento, nel quale si muove, sul filo della ragione, la turbata protagonista; mentre la lentezza delle riprese, con sospensione di momenti che si portano oltre la soglia dei tre/quattro minuti, contribuisce a valorizzare il contesto (si pensi al drammatico finale, con manipolazione di un coltello a forma di croce). Girando con personale e sensibile tecnica, Bénazéraf ci accompagna lentamente in questo viaggio tutto al femminile, attraverso una storia ipnotica, pàrca in fatto di parole, in questo caso meno significative e potenti delle suggestive immagini che scorrono sullo schermo. Valga da esempio l'eccezionale momento in cui Adélaïde immagina di giacere nuda tra le braccia di Michel: oltre tre minuti senza alcun suono, né voce né musica, tantomeno rumori ambientali. Esattamente come accade durante il sonno, quando si sperimenta un sogno, esperienza vissuta emotivamente nel più profondo silenzio, lontano dal rumore, circondati unicamente dal più "assordante" vuoto acustico.
"Il matrimonio, porta felicità e rifugio." (Michel)
"Tutto è aperto e niente varca la soglia. Tutto è afferrato e niente stretto. Tutto è iniziato e niente concluso." (Fabrizio Caramagna)
F.P. 13/03/2020 - Versione visionata in lingua francese (durata: 90'39")
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