Regia di Clint Eastwood vedi scheda film
È la prima parte di un dittico di film di Clint Eastwood che comprende anche "Lettere da Iwo Jima", girato dal punto di vista giapponese sugli stessi avvenimenti, che non sono ancora riuscito a vedere. Il film rievoca i combattimenti sull'isola di Iwo Jima, la conquista della stessa, la foto con la bandiera a stelle e strisce issata sul monte Suribachi da alcuni marines, che poi seguiamo quando tornano a casa e vengono utilizzati come simboli propagandistici per raccogliere fondi per la parte conclusiva dello sforzo bellico. Come altri film della fase matura di Eastwood, anche "Flags of our fathers" ricorre volutamente ad un registro crepuscolare e antiretorico, che nel film successivo, stando a quanto ho letto, si trasforma in vero e proprio antimilitarismo. La sceneggiatura è firmata da Paul Haggis e presenta un racconto corale basato su diversi piani temporali, collegati da una fitta rete di flashback; le scene di combattimenti sono state girate in Islanda e, pur non uguagliando la brutale intensità di "Salvate il soldato Ryan" di Spielberg (che qui figura tra i produttori) sono ben dirette, con una fotografia dalle tinte verdastre e slavate. Nel complesso il film funziona egregiamente, pur con qualche inevitabile cedimento dovuto alla lunga durata, ma lo sguardo gettato dal regista sulla tragedia bellica e sulla retorica della "guerra-spettacolo" è incisivo e le storie dei tre sopravvissuti, fra cui il pellerossa Ira Hayes, hanno tutte un buon rilievo cinematografico; efficace anche il cast che si avvale del contributo di molti attori poco conosciuti, fra cui si può citare almeno il biondino Ryan Philippe e Barry Pepper.
Voto 8/10
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