Regia di Clint Eastwood vedi scheda film
Può una fotografia cambiare le sorti di una guerra mondiale? È successo. Nel 1945, quando la bandiera issata sul monte di Iwo Jima da 6 giovani militari americani ha rivoluzionato gli umori degli Stati Uniti, che ribaltarono con il sentimento nazionalista e la forza d’animo le sorti delle ostilità.
Una pagina di storia americana trattata da Clint Eastwood in maniera poetica, con il sarcasmo giusto per esaltare l’assurdità di taluni comportamenti. Il modo di trattare fatti storici da un lato e commemorazioni politiche a posteriori dall’altro è peculiare: Eastwood sottolinea la semplicità, (purezza d’animo, fragilità, sentimenti) che sono propri dei ragazzi prima ancora che dei soldati, mettendo invece alla berlina i numerosi, inutili, quasi ridicoli cerimoniali intavolati da superiori inetti e vanagloriosi, che, proprio coi loro modi creano volutamente e ostinatamente il mito.
Le vicende vengono dipanate con numerosi andirivieni tra gli eventi, i fatti storici, datati 1945 (attraverso lunghi flashback), e le odierne, ancora vive, conseguenze nelle menti e negli animi dei reduci si alternano frequentemente. I flashback vengono presentati in uno splendido bianco e nero, e le scene di battaglia sono un vero giubilo per le pupille; Eastwood le traccia con straordinaria tecnica, facendosi aiutare dalle esplosioni, dai fumi sprigionati, dalla terra che salta in aria, dall’acqua che scroscia, per realizzare degli stacchi di montaggio “a tendina”, decisamente suggestivi. Suggestivi e piuttosto frequenti sono anche l’uso della camera a mano, dei carrelli a seguire e a precedere, capaci di dare l’impressione di essere lì con i soldati, nella mischia, nella battaglia assieme a loro.
Ogni minima parvenza di nazionalismo eastwoodiano viene spazzato via dal fatto che la trattazione cinematografica della vicenda storica viene completata con il contemporaneo “Letters from Iwo Jima” (sempre del 2006), in cui si narrano le stesse vicende dal punto di vista dei giapponesi.
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