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Flags of Our Fathers

Regia di Clint Eastwood vedi scheda film

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La recensione su Flags of Our Fathers

di Serum
8 stelle

"Le cose ci piacciono semplici e lineari: buoni e cattivi, eroi e canaglie. E ce ne sono tanti degli uni e degli altri, ma quasi mai sono come li immaginiamo noi. La maggior parte di quelli che erano con me non parlerebbero mai di quello che successe lì. (...) Di sicuro non si sono mai considerati degli eroi. Sono morti senza gloria: nessuno gli ha mai fatto la foto, solo i compagni sanno com'è andata. Io dico ai familiari che sono morti per la patria, ma non ne sono mica sicuro. (...) Quello che viviamo e facciamo in guerra... la crudeltà... è incredibile. Ma in qualche modo dobbiamo farcene una ragione e per fare questo è necessario che la realtà sia resa semplice e con pochisse parole." Flags of Our Fathers è la versione "sana" di Salvate il soldato Ryan: un'opera che racconta in maniera cruda ed asciutta una vicenda di esseri umani, all'interno di uno degli episodi più famosi della Seconda Guerra Mondiale (per lo meno del fronte statunitense), senza prendere posizione pacifista (né tanto meno antimilitarista), ma neanche decantando fasulli sentimentalismi e retoriche eroistiche (come invece faceva il film di Spielberg). Il tema della costruzione a tavolino di un mito, incredibilmente ancora famosissimo, viene utilizzato per raccontare senza tanti giri di parole lo spietato menefreghismo della propaganda bellica americana, totalmente disinteressata al reale destino degli uomini mandati a morire o delle loro famiglie, preoccupato solo di cavalcare l'onda di simboli artefatti. Ma ancora più sentitamente è un film interessato all'umanità dei personaggi, con anche le loro storture: Hayes, scappato dalle discriminazioni in patria, che vive un dolore terribile per la sindrome dell'impostore, Gagnon che cerca di allinearsi con la posa da granduomo che vogliono cucirgli addosso fallendo miseramente, e Doc che, più consapevolmente, inghiotte gli orrori vissuti e cerca di ricostruirsi una vita nell'alveo della famiglia modello. Naturalmente, io non riesco a condividere il senso di inevitabilità che ammanta tutta l'opera (anche se in gran parte solo in sottofondo): per citare De Gregori, quel "la guerra è bella anche se fa male", usato senza ironia, che emerge soprattutto dal monologo finale del figlio di Doc. Si tratta in ogni caso di un grande film di guerra.

 

 

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