Regia di Lisandro Alonso vedi scheda film
Dopo il folgorante ed estremo (a suo modo) "La Libertà", la macchina da presa di Alonso torna vorticosa ad avvolgersi e a districarsi nell'angusto eppur maestoso e magnifico panorama territorio universo-mondo età del ferro Argentin(o)a. Alonso potrebbe benissimo venir ribatezzato il regista della quotidianità, della trasfigurazione "asciutta" e iperrealistica della Realtà stessa. É la storia di un viaggio, esatto; è la storia di un uomo, Argentino Vargas (reale: ora, qui) ex detenuto, interpretato da Argentino Vargas ex detenuto. É la storia di un doppio omicidio, accennato, osservato, inquadrato, ma non spiegato, dettagliato. É la storia dell'Argentina moderna; è la storia dell'uomo fuori dalla contemporaneità. L'uomo-essereanimale mosso dall'istinto di sopravvivenza, di sfogo sessuale. La m.d.p. non tralascia nulla, non arretra coltivando un'ideale di cinema-verità-realtà che va (paradossalmente) al di là della Realtà percepita. É un film magnifico quello di Alonso, indescrivibile nel suo deambulare visionario, nel suo "scavare" ritmico, lento, ossessivo in una piega malsana dell'esistenza in generale. Critica sociale a parte, "Los muertos" è lo specchio dell'essere ferino in quanto tale, senza "sconti", compromessi; in questo è spietato, crudele, sincero. Rituali, gesti (apparentemente) premeditati "riempono" la narrazione di un mondo "a-thos", immobile, impotente eppur potentissimo seppur ignaro di ciò. Vi sono solo ombre, le ombre delle ombre, dei fantasmi ("Fantasma" è il terzo lungometraggio di Alonso), paesaggi assolati e plumbei, gli animali, la natura genitrice e alcova, vita in gestazione. Buona visione.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta