Regia di Alberto Negrin vedi scheda film
Tra I pochissimi titoli di Negrin ad avere trovato anche una distribuzione cinematografica(limitata) nelle sale(Sacis) dopo "Enigma rosso", ma sempre di origine televisiva Rai.
Interessante vicenda tratta dalla realtà ambientata nella povera e arretrata realtà della Lucania nel 1936- c'è anche il buon Pietro De Vico- laddove ci si arruolava inconsapevoli(oltre ad essere appena tornati come militi, dalle guerre coloniali dell'Impero, in Eritrea e Abissinia) di dove si sarebbe stati mandati- in Spagna durante la guerra civile con le truppe fasciste in appoggio ai falangisti-, invece che ai lavori pubblici civili in Abissinia, come fatto credere all'inizio.
Tutto per sfuggire all'asfissiante caporalato sui lavori della terra- unici che ci sono e durante la stagione-, e fare pervenire alle famiglie sussidi e paghe per le agognate 20L. a settimana(40 da caporale come Placido diventerà per meriti sul campo in terra di Spagna), una vera fortuna di quei tempi e a quelle disastrate socioeconomicamente, latitudini.
Realizzato con evidente basso costo in una pellicola pesantemente spuntinata e piena di segni e bruciature, forse originariamente un 16mm., in tempi recenti riemersa dopo decenni di oblìo grazie a RaiTeche.
La Spagna è ricostruita anch'essa nelle parimenti terre brulle lucane, con la differenza che però è evidente non sia la terra iberica, vuoi anche per la medesima ambientazione invernale, quando forse uno stacco di luce e toni della fotografia avrebbe aiutato a percepire il cambio di ambientazione.
Negrin nel solco di quello che poteva essere comunque il discorso storico-politico approcciabile(e comunque enormemente più libero e meno irriggimentato che adesso) nella Rai degli anni settanta, liquida il fascismo come qualcosa di grottesco, velleitario, fragile e innescatamente artificiale nel corpo del "sud", a cominciare dal patriottismo artificioso e forzato della propaganda nell'addestramento delle reclute(molto riuscita la sequenza di corsa nel tendone a Roma in cui entrando da militi la truppa ne riesce abbigliata da antichi romani e schiavi, poichè in attesa dell'imbarco "precettati" per andare a Cinecittà a fare da comparse per "Scipione l'africano"), in quelle lande povere e desolate in cui i ragazzini si muovono a torme, scalzi, dimenticate da tutto e come sempre, per primo dall'autorità e dall'opera sociale dello Stato. Sottolineandolo con l'ossessivo ricorso come inno durante le adunate e le marce a ''Giovinezza'', e alla propaganda fratricida da ambo le parti compresa quella repubblicana, una volta che cominciano i primi scontri tra italiani delle opposte fazioni in terra di Spagna, le fucilazioni ai "rossi" connazionali catturati, ai disertori, con i volantinaggi dei repubblicani che invitano ad abbandonare le posizioni alle truppe fasciste, dall'alto degli aerei.
Alla fine sembra quasi che abbiano vinto questi ultimi i repubblicani internazionalisti, vista la rotta che prendono gli avvenimenti e la sconfitta che sovrasta-fisica con la perdita di un braccio nell'esplosione di una bomba a mano (gettata dallo stesso tenente di battaglione fanatico per cercare una (im)possibile fuga ad una imboscata negli ulivi, verrà crivellato di colpi di mitra tentando di scavalcare un muro);per il protagonista Placido- e morale per tutti gli altri, periti, ricercati dagli stessi della truppa del fascio, disertori o gravemente feriti, ma sappiamo che poi non andò così. Ma al giovane poco avveduto di oggi che potrebbe seppure sia improbabile approcciarsi alla visione, potrebbe anche sembrare che si sia conclusa in questo modo, per una certa esagerazione declamatoria e propagandista dello stesso Negrin, di famiglia ebraica.
Buone musiche di Egisto Macchi, e buon finale dalla stoica, amara ironia, nel quale si mostra che poi alla fine il protagonista seppure avveduto e di una certa naturale intelligenza se non ovviamente consapevolezza politica e cultura( bracciante agricolo), grazie sempre alla pervasività nelle menti della propaganda non ha ancora compreso molto di quello che ha passato, nonostante l'avere vissuto di prima persona la Storia, e i fatti.
John Nada
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