Regia di David W. Griffith vedi scheda film
Pietra miliare del cinema delle origini.
Quattro episodi ambientati in epoche e luoghi differenti vengono raccontati in parallelo: la caduta di Babilonia nel 539 a.C.; il martirio di Gesù Cristo; la strage degli Ugonotti nel 1572; le drammatiche conseguenze di uno sciopero negli anni '10 del '900. Pietra miliare del cinema delle origini. Dopo “Nascita di una nazione” Griffith alza il tiro facendo ampio uso di montaggi alternati, campi lunghi, panoramiche dall’alto, primi piani “narrativi”, il tutto a servizio di una storia complessa e frammentata: quattro storie ambientate in epoche diverse che hanno come comune denominatore l’intolleranza umana quale origine di una serie di eventi che alla fine portano sempre a guerre, disastri e lutti. Una condanna dell’intolleranza e un elogio dell’amore e della concordia come principi che devono governare il mondo e le relazioni umane. Al di là del retorico e della faciloneria di questi messaggi – che la critica ha sempre interpretato come una sorta di risposta del regista alle accuse (sacrosante) di razzismo mosse contro il suo precedente capolavoro –, è una visione che affascina per tutta la sua considerevole durata grazie alla bravura degli attori, alla magnificenza delle scene di massa, alle scenografie poderose dei set storici, all’evocativa sequenza della “culla del tempo” come elemento di raccordo tra la varie sfasature temporali e, soprattutto, al finale in crescendo dove le quattro storie hanno la loro conclusione: laddove la conclusione è tragica, cioè nei 3 segmenti “storici”, gli effetti nefasti dell’intolleranza hanno il sopravvento; dove invece c’è il lieto fine, cioè nel segmento ambientato nel presente – quello centrale, che occupa il maggiore spazio –, è invece l’amore a prevalere un attimo prima che la catena di eventi iniziata con il solito gesto di intolleranza porti alla tragedia. Un film visivamente impeccabile, di cui si percepisce l’immane sforzo produttivo alle sue spalle (peraltro per nulla ripagato dagli incassi dell’epoca), forse un po’ troppo ambizioso a livello narrativo, con questi continui intrecci tra epoche diverse che avrebbero giustificato una durata minore per non affaticare la visione. Se “Nascita di una nazione”, seppur di durata superiore, si fa preferire a livello narrativo per la sua linearità, “Intolerance” è certamente una spanna sopra sul piano visivo e un migliaio di spanne sopra per quanto riguarda le tesi di fondo: da una parte l’elogio dell’amore e della fratellanza, dall’altra l’elogio della segregazione razziale e del Ku Klux Klan, fate voi.
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