Regia di Gian Paolo Cugno vedi scheda film
Questo film certo appare subito scadente se lo si vuole interpretare secondo i canoni della saggistica, come un trattato sul disagio infantile, oppure in chiave neorealistica, come il ritratto di una realtà locale arretrata. La pellicola di Cugno non ha la pretesa di essere né l'uno né l'altro: l'inciso contenuto nel titolo ("Questa è la vita") punta l'obbiettivo lontano dalle discipline pedagogiche e dalle politiche sociali, per dirigerlo sull'esistenza del singolo - il piccolo Salvatore in questo caso.
L'invito fatto proprio dal maestro è quello di pensare il rapporto umano (anche quello con i bambini) in maniera lucida, cosciente e personale, rinunciando alle classiche formule istituzionali della famiglia, della scuola e dell'assistenza, laddove queste siano inapplicabili o non forniscano le soluzioni attese. Quella proposta dal film è una terza via (rispetto all'educazione scolastica da un lato, e allo sfruttamento dei minori, dall'altro) che non può, naturalmente, assurgere a teoria, ma vive solo, come timida provocazione, nei confini della storia raccontata.
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