Regia di Federico Fellini vedi scheda film
Durante la lavorazione di un film tratto da America di Kafka, Fellini risponde alle domande di alcuni giornalisti giapponesi e nel contempo rievoca il suo primo arrivo a Cinecittà nel 1940, quando anche lui era un giovane giornalista venuto a intervistare una diva; poi tutti vanno a casa di Anita Ekberg a mangiare castagne, e all’alba c’è l’assalto finale degli indiani armati di antenne televisive. Fellini fellineggia ormai senza ritegno, ma bisogna capirlo: patisce il disorientamento di chi è arrivato a Otto e mezzo troppo presto e non sa bene cos’altro gli resta da fare; cosicché, per andare sul sicuro, si rivisita, si cita e si autocelebra. Non ha sempre il tocco leggero (Mastroianni vestito da Mandrake che pronuncia la battuta “con un colpo di bacchetta / la tua fava torna eretta” poteva francamente esserci risparmiato), ma gli va riconosciuta un’attenzione minuziosa per gli aspetti materiali del proprio lavoro e una fede incrollabile nel cinema che non possono non lasciare ammirati. Un film narcisista, eccessivo, spudorato, ridondante e ipertrofico: può piacere o non piacere, ma di sicuro è felliniano al cento per cento.
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