Regia di Federico Fellini vedi scheda film
Come sempre in Fellini, realtà e fantasia si incontrano e si dissolvono l'una nell'altra. Le storie - quella dei giapponesi con Fellini stesso e quella di Rubini che ripercorre la vita del giovane Maestro - si accavallano celebrando la carriera del regista ed il cinema come forma d'arte mediata dal punto di vista tecnico. In questo Intervista ricorda vagamente Effetto notte di Truffaut (e anche qui c'è il regista ad interpretare sè stesso), molto più di quanto rimandi alla Doilce vita (citata con la Ekberg e Mastroianni di quasi 30 anni dopo) o all'onnicomprensivo 8 e mezzo che è un po' il sunto dell'opera felliniana. Rubini era il cognome di Mastroianni nella Dolce vita, Rubini è il nuovo Fellini in Intervista; la partecipazione in prima persona del regista è finalmente una dichiarazione sincera di biografismo; il finale è stato reso celebre dalla frase pronunciata dal regista stesso (voce fuori campo per tutto il film) a proposito proprio dei suoi finali: nemmeno un raggio di sole? Mah, non so. Non so. E' la verità - tremenda, insostenibile, disarmante - della vita, ciò che Fellini ha cercato di rappresentare con ogni mezzo di finzione lungo tutta la sua carriera. Un po' troppo involuto, ripiegato su sè stesso, ma rimane un'affascinante testimonianza della filosofia del Maestro.
L'intervista è duplice: è quella di un gruppetto di giapponesi a Fellini al lavoro sui set di Cinecittà e quella che Felliniproprio sui set ricostruisce, con Rubini nella parte del giovane riminese giornalista in carriera nel 1940 al suo arrivo a Roma.
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