Regia di Woody Allen vedi scheda film
Finalmente il silenzio. Interni e introspezioni che ho condiviso dall'inizio alla fine del film. Allen non è solo "Il dormiglione", "Bananas", "Provaci ancora Sam", "Io e Annie", Allen è anche Interiors che anche se a distanza di anni mi fa sempre lo stesso effetto. Sarà che lo vedo sempre dopo una carrellata sui vecchi successi, il regista non sembra quasi lo stesso, se non fosse per la profondità intimistica che riesce a sondare nelle depressioni dei personaggi. Ma la mano questa volta è pressante, l'aria rarefatta, il silenzio diventa claustrofobico. Un film pesante non da seguire, ma per la carica emotiva che si porta dentro. Piani sequenza lunghissimi, macchina ferma immobile, sguardi in macchina, richiami pittorici a Munch e richiami espliciti e onnipresenti a Bergman. Non una parola di più né una di meno di quelle che servivano nella sceneggiatura. Questi i pregi di questo film. Il dramma si consuma lentamente, il mare che è blu tenebra e nostalgia si ingoia tutto e un personaggio onnipresente aleggia nell'aria in ogni istante, sia che sia presente, sia che viva dentro il carattere dei personaggi. Tutti gli attori sono da manuale, il cinema colpisce col suo strumento più forte: l'immagine. Inquietante e affascinante allo stesso tempo. Per chi se lo fosse perso, da guardare.
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