Regia di George Miller vedi scheda film
Miller prosegue il racconto apocalittico di Mad Max con un budget più appropriato e un bagaglio di esperienze più cospicuo rispetto al primo film, il mondo in rovina di Max Rokatansky è ormai un deserto arido e moribondo tenuto in vita da popoli stanziali che producono benzina per raggiungere le terre fronte mare, dall'altra parte i barbari Humungus che vogliono appropriarsi con la forza del carburante, elemento vitale quasi quanto acqua e cibo.
In mezzo ai due contendenti capita inevitabilmente Mad Max Rokatansky, non più giustiziere per lo stato ma per se stesso: dopo aver liquidato Toecutter e i suoi stolidi seguaci nel primo film si aggira senza meta per le lande desolate con il suo interceptor sempre più consumato dal degrado del mondo.
Se nel primo capitolo Gibson era giovane e promettente qui sembra già esperto e navigato, Miller gli lascia carta bianca e lo coccola concedendogli zummate e primi piani a ripetizione, l'astro nascente lo ripaga tratteggiando un eroe tosto e ironico ma senza sorriso, indurito dalle amarezze che non lo hanno però privato di quell'umanità che aveva mostrato, il decorso del tempo è marcato da tanti particolari che lo circondano e che lo caratterizzano: non più città asettiche e assolate ma terre desolate da quadro postatomico, l'uniforme in pelle di Max non ha più le maniche, un esoscheletro di metallo rinforza il ginocchio frantumato dai suoi nemici nel primo film, il capello appena brizzolato come l'inseparabile cane con la bandana rossa e le canne mozze in fondina.
Gibson è davvero stellare in questo film per la misura con cui interpreta Max Rokatansky pur aprendo bocca appena una quindicina di volte, lo script gli affianca almeno due personaggi altrettanto memorabili: il pilota di elicottero Bruce Spence che tornerà in un altro ruolo nel terzo film, in pratica lui e Max sono tacitamente soci e quando si trovano nello stesso frame l'umorismo stempera l'atmosfera cupa ed il bambino lupo che adopera il boomerang come una sciabola, grazie a Max scopre la musica sprigionata da un carillon e il loro legame regolato dalle sensazioni fa da base ad alcune sequenze grandiose come il trasporto delle taniche nella notte e la corsa folle con la cisterna in coda, la migliore è comunque quella della negoziazione con gli Humungus nella quale Miller mette in mostra la banda disperata dei nemici di Max, le loro sembianze svariano dal cyberpunk al postatomico passando per il neobarbaro, nella marmaglia spicca lord Humungus messia mister muscolo con il volto coperto da una maschera da hokey, ancor più memorabile è però il suo scagnozzo numero uno Wez interpretato da un inquietante Vernon Wells, attore australiano che grazie a questo ruolo verrà apprezzato ad Hollywood tanto da guadagnarsi diverse scritture in parti da tirapiedi carogna come in “Commando” e “ Inner Space”.
La locandina e la scena di apertura mettono in chiaro che fra Max e Wez non ci saranno esclusioni di colpi ma Miller sfuma anche i personaggi di velata malinconia perché in un mondo così arido l’uomo ha comunque un insanabile bisogno di amore e amicizia, buoni o cattivi che siano i personaggi soffrono e lottano per resuscitare o salvaguardare i sentimenti: Max e il suo cane, la crescente empatia fra Max e l’elicotterista che a sua volta sogna una donna profumata e pulita che troverà nel villaggio assediato, il piccolo che vede in Max un eroe, un padre o semplicemente qualcuno in cui credere, gli abitanti del villaggio feriti nell’anima dalla morte violenta dei loro cari torturati dagli Humungus e dulcis in fundo Wez che si accompagna in moto con un bel biondino con chiare allusioni omosessuali, la scena sopra citata della negoziazione vede proprio il boomerang del ragazzo lupo fare a fette le dita di un Humungus e colpire a morte l’amichetto di Wez scatenando l’ira isterica del punk motociclista sedata poi da lord Humungus.
Wez e il suo amichetto
Il resto è action e adrenalina pura congeniata da Miller nelle sequenze a tutta birra che ancora oggi sono dei capolavori di assemblaggio minuzioso delle pericolose sequenze ottenute grazie alle acrobazie di stuntman senza paura, non tutti uscirono illesi dai rischi corsi per realizzarle e proprio il veterano Jon Sandys in una scena in cui doveva volare via dalla moto prima dell’urto con un auto non poté evitare la collisione rompendosi gravemente le gambe, sopravvisse per fortuna ma la sequenza è ovviamente così realistica e drammatica da essere stata inserita nel final cut che a quanto pare doveva essere più violento e sanguinoso ma per rendere il film accessibile anche ai più giovani si scelse intelligentemente di privilegiare l’azione.
Scelta azzeccata perché The Road Warrior è uno dei grandi film degli anni ottanta per durata e tono, la consacrazione per due grandi talenti come Gibson e Miller.
Il film si chiude con una enigmatica sospensione sul destino di Max, Gibson e Miller si riuniranno di nuovo per un terzo capitolo non troppo riuscito che però narra di fatti avvenuti quindici anni dopo gli avvenimenti raccontati in The Road Warrior, questo gap temporale per anni mai colmato nella saga di Mad Max sta finalmente per essere mostrato nella nuova avventura firmata da Miller che ovviamente non vedrà Gibson riprendere il ruolo che lo aveva lanciato.
Tom Hardy è però una scelta eccellente e dal clamore in rete e il trailer che ho visto mi aspetto di fare un gustoso tuffo nel passato con il ritorno al cinema di uno degli eroi cinematografici fondamentali della mia adolescenza.
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