Regia di George Miller vedi scheda film
In un Medioevo prossimo venturo... (l’inizio del film recita “Tra qualche anno...”) la società è prossima allo sfascio e la carenza di materie prime e di benzina (il film è direttamente figlio anche della crisi petrolifera del 1973) portano al disfacimento di intere nazioni e la violenza dilaga incontrollata per le strade. Solo pochi poliziotti cercano di mantenere l’ordine e tra questi vi è anche Max Rockatansky, soprannominato Mad Max...
Dove sei Toecutter!?
Lo sa Toecutter chi sono io?
Io sono il Night Rider!
Il Night Rider, questo è il nome dell’eroe della notte.
Night Rider! L’eroe della notte che passa alla velocità della paura!
Statemi a sentire tutti…
Sono io il Night Rider, l’eroe della notte.
Sono una macchina suicida che ha fatto il pieno.
Mi sentite bronzi? Mi sentite piedipiatti?
Funanbolico esordio al cinema di un giovane regista australiano che risponde al nome di George Miller, realizzato in soli tre mesi e con un budget di appena 200 mila dollari, ottenuti investendo direttamente i soldi guadagnati dallo stesso regista come medico, spesso in situazioni di estrema emergenza e, in molti casi, proprio in conseguenza a gravi incidenti stradali, particolare che ha notevolmente influenzato la realizzazione della pellicola, quasi a voler esercizzare con il film ciò che ha visto direttamente sulle strade australiane (un mondo impazzito, privo di regole e soggetta alla sopraffazione del più forte, e dove le macchine si trasformano in vere e proprie armi da guerra, costruite e guidate per uccidere), Mad Max (titolo originale mentre i titolisti italiani preferirono dare maggior rilievo alla macchina invece che al protagonista, chissà poi perchè) si è rivelato sorprendentemente un enorme successo (oltre i 100 milioni di incasso nel mondo) e che, in relazione alle spese di produzione veramente misere, lo fecero entrare direttamente nel guinnes dei primati quale film maggiormente redditizio della storia del Cinema (record battuto solo nel 1999 con The Blair Witch Project).
Debitore anche di Judge Dredd (la “creatura” di Wagner/Ezquerra nasce solo qualche anno prima, nel 1977, ma Max è una specie di versione australiana e l’incipt iniziale è praticamente lo stesso), Interceptor è una pellicola destrorsa di fantascienza ma neppure troppo (l’ipotetico futuro mostrato, per quanto distopico, non è tanto diverso dal nostro in quel periodo. Almeno in questo primo capitolo) che contamina catastrofismo anni’70 con motociclette, culto della velocità, revisionismo punk e gusto per l’eccesso e la violenza, ma indubbiamento dotato di un certo fascino effettistico e visionario.
Associato al filone detto post-apocalittico più per i relativi seguiti che per questa pellicola, in realtà l’intenzione di Miller era di costruire un background del genere già in questo primo capitolo, ma lo scarso budget e gli alti costi di un’operazione del genere lo obbligarono a lasciar perdere e a cercare invece una via di mezzo, puntando maggiormente quindi su un’atmosfera di declino e di inesplicabile decadenza che si è poi rivelato uno dei tratti più caratteristici, e quindi vincenti, della pellicola.
Il soggetto tuttavia è molto più simile ai polizieschi americani di quegli anni, giocati soprattutto sull’azione, o ai western, sempre americani, incentrati sul tema della vendetta o di un eroe solitario in una terra quasi priva di legge e in balia di banditi o di indiani feroci (e a cui è stato sostituito il cavallo con le motociclette) che non alle pellicole di fantascienza vere e proprie.
In questo senso assolutamente fondamentale e vero e proprio co-protagonista della pellcola è lo stesso outback australiano, arido e inospitale, formato da case semi-abbandote o diroccate perse in mezzo al niente, tra polvere e vento, e collegate tra loro da interminabili rettilinei di asfalto (“E strade troppo dritte per chi vuol cambiar rotta o sdraiarsi un pò” direbbe il Liga) che sembrano non portare mai da nessuna parte.
O che forse portano in un’unica direzione.
La fine della civiltà.
Ma il successo inaspetatto della pellicola è merito anche della disincantata rappresentazione dei suoi protagonisti, sia buoni che cattivi e sull’esasperata violenza che coinvolge sia gli uni e gli altri, senza troppe distinzioni (homo homini lupus), ma anche (e soprattutto) delle formidabili riprese di inseguimenti e scontri ad altissima velocità (grazie anche allo splendido lavoro del coordiantore degli stuntmen Grant Page) oltre a un’ottima fotografia di questo revenge-movie a carburazione lenta (è il caso di dirlo) ma dall’anima disperata, livida e stilizzata con quella relazione uomo-macchina malata e autodistruttiva e che sfocia in un finale spietato e pessimistico.
La scelta di Mel Gibson come protagonista invece fu piuttosto particolare.
Mel si presentò al provino in realtà solo per accompagnare la sorella, aspirante attrice, ma la sera precedente era stato coinvolto in una rissa e si presentò alla selezione con il volto tumefatto.
Fu preso immediatamente... ma per interpretrare uno dei cattivi.
Quando si presentò sul set tre settimane più tardi però le tumefazioni erano ormai passate e non fu nemmeno riconosciuto dai responsabili del casting. Ma a quel punto però non sembrava più adatto per il ruolo del cattivo (troppo bello) e si decise quindi di “adattarlo” in un altro ruolo, ovvero proprio quello di protagonista della pellicola.
Inutile dire che Interceptor lanciò la sua carriera e lo fece diventare una star in tutto il mondo (fama ulteriormente consolidata successivamente con la saga di Arma Letale) ma tutto iniziò con il Night Raider e con quel prologo assolutamente perfetto per costruzione, montaggio e tempistiche (e sfacciatagine) e con quell’inseguimento alla velocità della paura più che sufficiente, da solo, a creare dal niente un nuovo Mito.
VOTO: 7
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