Regia di Bruno Mattei vedi scheda film
Un po' Emanuelle - per la presenza della Gemser e per il suo personaggio di giornalista/reporter - e un po' erotico/carcerario, sottofilone di quel periodo, questo film altro non è in effetti se non un'accozzaglia male assortita di scenette sexy a un passo dalla pornografia che sfrutta per quanto riesce il nome e l'avvenenza della protagonista. Al suo fianco c'è Gabriele Tinti (ma anche qualche volto ulteriormente minore come Jacques Stany e Franco Caracciolo), sebbene fondamentalmente il pur scarso livello della recitazione sia un problema minore in questo contesto; Mattei aveva cominciato come montatore (anche qui il montaggio è appannaggio suo) negli anni Sessanta, per spostarsi nel decennio successivo dietro la macchina da presa e realizzare principalmente pellicole di deciso stampo erotico (a un passo dalla pornografia) o horror. Qui la sceneggiatura di Palmambrogio Molteni e Oliver Lefait non gli viene in soccorso, ma chiaramente la pessima riuscita del lavoro (anche soltanto come film erotico) non dipende solo dalla mancante sostanza narrativa; pochi mesi più tardi uscirà l'analogo Blade violent - I violenti, con il medesimo cast e le medesime prerogative. 1/10.
Una giornalista entra volontariamente in carcere come detenuta per analizzare di persona la situazione: brutalità, stupri e sadismo sono all'ordine del giorno.
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