Regia di Jasmila Zbanic vedi scheda film
Sarajevo. A scuola, Sara non riesce a iscriversi nella lista degli orfani perché nessuno certifica che il padre sia stato ucciso dai cetnici. La madre Esma lavora sodo in un club malfamato. Da un bodyguard stranamente gentile qualche tenera occhiata. Traiettorie di personaggi che, passata la tempesta del conflitto ex jugoslavo, faticano a ritrovare se stessi. Il film è il primo di finzione della documentarista bosniaca Jasmila Zbanic e, nonostante abbia addirittura vinto l'Orso d'oro a Berlino, qualche incertezza drammaturgica si fa sentire. Ma non è tanto la natura del "segreto" del titolo, facilmente intuibile, a interessare, quanto la descrizione suggestiva del contesto e delle dinamiche umane che lo caratterizzano. Dopo un'immane tragedia come quella dell'indiscriminato sterminio bosniaco, la violenza è davvero una forma di linguaggio non solo da tutti (ri)conosciuta, ma addirittura accettata. Persino la gente che balla nel club sembra riproporre una mimica barbara e feroce, per tacere della pistola che passa tra le mani degli adolescenti come un gioco innocuo. Se si può parlare di insegnamento quando si pensa a una guerra, ecco, quella tutta europea di Jugoslavia ci insegna come da Napoli a Sarajevo a Pristina il linguaggio della violenza sia ormai il fattore unificante della nostra "cultura". Il solo noto a tutti.
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