Regia di Lasse Hallström vedi scheda film
Provate a confrontare il film di Hallström con L'inventore di favole. In entrambi l'invenzione (giornalistica) è portatrice di caos; la fi(ction)nzione è [anche] segno inquieto sociale, oltre che culturale; l'immaginazione è veicolo per la follia e/o la paranoia (e viceversa). In entrambi c'è una persona che usa l'inganno come vanga per scoperchiare la friabilità della realtà, e per evidenziare l'inattendibilità dell'offerta informativo-artistica pubblica e popolare. Sia L'imbroglio che L?inventore di favole sottolineano quanto il mondo sia in fin dei conti orgogliosamente ingenuo, di fronte alla "bella forma"; cioè, quanto meriti "la bufala". Però che differenza d'approccio, che carature qualitative opposte, che risultati diversi. Il problema non sta nel cast o nelle intenzioni, o nella sensazione generale. Il problema è Hallström, regista pessimo, metteur en scène banalissimo, "direttore" nullo. E il suo film, tutt'altro che "brutto", finisce per essere insignificante.
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