Regia di Igor Skofic, Corrado Guzzanti vedi scheda film
Era atteso da anni l’esordio al cinema di Corrado Guzzanti, talentuoso protagonista di programmi televisivi cult come AVANZI, TUNNEL, PIPPO CHENNEDY SHOW; poliedrico e formidabile imitatore di politici, presentatori TV e personaggi di sua invenzione; con la sorella Sabina è (stato) il principe della satira politica, intelligente e acuta, dalla prima alla seconda repubblica. Nella sua ultima trasmissione IL CASO SCAFROGLIA risalente al 2003. proponeva una satira in bianco e nero dei cinegiornali d’epoca fascista intitolata FASCISTI SU MARTE, brevi spezzoni di dieci minuti veramente esilaranti. Dopo anni di gestazione, aiutato da D.Procacci della FANDANGO, ha deciso di fare un lungometraggio su quella fortunata serie, ma ha partorito un topolino. Alla conquista di Marte “rosso pianeta bolscevico” vediamo all’opera il gerarca Barbagli con i camerati Santodio, Freghieri, Pini e Fecchia con busto di Mussolini al seguito, dopo essersi trovati un fantomatico nemico negli inermi MIMIMMI, delle pietre munite di antenne, trascinano la permanenza sul pianeta a suon di canti, nostalgie e retorica del ventennio. Raggiunti sul posto dal piccolo balilla B.Caorso (l’autore televisivo Andrea Salerno, voce narrante anche de LA SUPERSTORIA su Raitre), riempiono le giornate con goliardate e improbabili imprese, l’arrivo di alcune amazzoni sparigliano le certezze di Barbagli, i suoi uomini già insofferenti lo abbandonano al suo “eroico” destino per partire sull’astronave delle affascinanti marziane. I primi quaranta minuti di FASCISTI SU MARTE sono molto divertenti e riusciti, un condensato di tutto il meglio che si era visto e sentito (la voce off di C.Guzzanti proprio come nei cinegiornali di regime) nella citata trasmissione. Dopodichè il film (?) si ingolfa e si incarta, il sorriso tenuto fino a quel momento si trasforma in una smorfia di sofferenza per le gag fiacche, per la noia che pervade i restanti 58 minuti, per la mancanza di ossigeno (come nel pianeta al principio). La voce fuoricampo che parodizza e gioca elegantemente con le frasi pletoriche del tempo alla lunga diventa prolissa e tediosa, l’abuso del cromaquì (un sistema elettronico di scenografia virtuale, in voga nella TV anni ‘70) è insostenibile e non appartiene al cinema. L’opera prima del pur bravo Guzzanti era da destinare direttamente al mercato dell’home video oppure in formato cofanetto nelle migliori librerie, ma nelle sale cinematografiche no.
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