Regia di Guido Brignone vedi scheda film
Anna e Andrea sembrano una coppia felice; se non fosse che lei è arruolata in Polizia e lui è un delinquente in combutta con la sua ex fidanzata. Quando Anna intuisce la situazione, lascia Andrea, che però si pente delle sue malefatte e cerca di cambiare per lei.
È un melodrammone in piena regola, questo Inganno, e della tipologia più eccessiva, quella strappalacrime insomma, con tanto di abbozzo di lieto (più o meno…) fine stroncato sul nascere dall’ennesima tragedia nella trama. A scriverlo si sono messi in quattro: oltre al regista Guido Brignone, Ivo Perilli, Liana Ferri e Bruno Corra, che è anche autore del soggetto; nel 1952 in cui questa pellicola esce in sala Brignone è ormai un cineasta sulla via del tramonto (classe 1886, ha passato da un bel po’ la sessantina) con una carriera di onestissimo artigianato ‘popolare’ alle spalle e conferma anche in questa occasione le sue capacità. Anche perché ha a disposizione, nel cast, interpreti come Andrea Ferzetti e Nadia Gray, nei due ruoli centrali, e in parti laterali o meno importanti anche Tina Lattanzi, Bice Valori, Bruna Corrà e ancora Carlo Giuffré, Pietro Tordi e Tina Pica (!). Il ritmo è discreto, la narrazione funziona, la storia è piuttosto grossolana – come richiesto per una pellicola di questa risma, d’altronde. L’unica particolarità da sottolineare è la volontà di raccontare la realtà delle donne arruolate nella Polizia Civile triestina in un’epoca in cui ancora nella Polizia nazionale la presenza femminile non era ammessa. 3,5/10.
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