Regia di Franco Zeffirelli vedi scheda film
Ai tempi del liceo, dopo una visione scolastica del Vangelo secondo Matteo, discutemmo in classe della superiorità del film di Pasolini sul Gesù di Nazareth. Mi scoccia parecchio ammetterlo, ma all'epoca io tenni le parti del secondo. I miei compagni di scuola sostenevano che il Gesù di Zeffirelli era freddo e ricalcava la figurina dei santini, mentre quello di Pasolini era carne e sangue e rappresentava un personaggio concretamente rivoluzionario, come realmente è stato e come fu percepito ai suoi tempi. Non ho difficoltà ad ammettere che, quanto meno sul piano cinematografico, avevano ragione loro. Io cercavo confusamente di spiegare che i due film si ponevano su piani diversi: tutto politico quello pasoliniano, più "teologico", in qualche modo ecumenico, quello di Zeffirelli. Nella discussione scolastica, sostenevo anche che era stata una scelta politica di Pasolini anche quella di avere basato il film sul solo Vangelo di Matteo e non sugli altri canonici, mentre il Gesù di Nazareth voleva offrire una visione più panoramica e meno polemica della vita del Cristo. È un fatto che Pasolini abbia ammesso di avere avuto in mente la figura di Lenin, mentre girava il suo Vangelo.
Sono passati tanti anni ed ho avuto modo di apprezzare il Gesù interpretato da Enrique Irazoqui, così come di riscontrare la freddezza riflessa negli occhi cerulei di Robert Powell, attore inglese all'epoca poco noto da noi, ma già conosciuto quale protagonista di due importanti pellicole dirette da Ken Russell, La perdizione del 1974 e Tommy (nel quale è in realtà il padre del protagonista) del 1975.
Quello di Zeffirelli è un ripasso del catechismo che abbiamo appreso bambini dai preti e dalle suore, la parte del cattolicesimo che fa meno male, purché assunta cum grano salis e con la dovuta consapevolezza. È l'iconografia cristologica messa in immagini semoventi, con il nazareno biondo che predica a braccia aperte, con gli occhi azzurri rivolti al cielo che perdonano chiodi e martelli di questo mondo. Quello del regista fiorentino è un Gesù dai cui gesti miracolistici sono stati espunti quelli inutili ed esclusivamente dimostrativi: le volgari esibizioni di potere, come le avrebbe definite il satanasso dell'Esorcista. Così, abbiamo le resurrezioni, le guarigioni (compresa quella dalla possessione diabolica) e le moltiplicazioni del cibo, ma non le camminate sull'acqua e la trasformazione dell'acqua in vino.
Vedere Gesù di Nazareth significa ritrovare personaggi, luoghi ed episodi dei Vangeli secondo l'iconografia del Rinascimento italiano e secondo la dottrina di Santa Madre Chiesa, tanto che il film fu promosso ed approvato direttamente da Paolo VI, allora regnante, e successivamente rinnegato da un cattolico inquieto come Anthony Burgess, che pure aveva contribuito a scrivere la sceneggiatura. Ma significa anche cercare volti di divi nei personaggi del Nuovo Testamento, come Anthony Quinn nei panni di Caifa e Rod Steiger in quelli di Ponzio Pilato. E nelle sembianze della Madonna si ritrova Olivia Hussey, bella come quando l'avevamo lasciata a dare il volto a Giulietta, in quello che resta il miglior film del regista toscano.
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