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Vite in sospeso

Regia di Marco Turco vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Vite in sospeso

di hallorann
8 stelle

La nostra cinematografia ha raccontato sempre con discrezione un tema delicato e controverso come il terrorismo. Lo fece in maniera cauta e secondaria Bernardo Bertolucci nell’autunnale LA TRAGEDIA DI UN UOMO RIDICOLO, Amelio nel riuscito COLPIRE AL CUORE, Calopresti ne LA SECONDA VOLTA, un capitolo a parte meritano IL CASO MORO di Ferrara e BUONGIORNO NOTTE di Bellocchio, incentrati perlopiù sul sequestro del Presidente della D.C. Quasi tutti hanno in comune il difetto (a seconda dei punti di vista) di voler raccontare il dopo e il pregio di filtrare l’argomento (ancora spinoso) nel quotidiano per dissolvere luoghi comuni ed evitare facili demonizzazioni sfiorando però la sostanza del discorso terrorismo, in particolare la nascita e le motivazioni. Quest’ultimo tema è stato però colmato dagli interessanti documentari IL SOL DELL’AVVENIRE di Pannone e SOGNI INFRANTI di Bellocchio. Marco Turco invece, ex aiuto regista di Gianni Amelio, in VITE IN SOSPESO – presentato al Festival di Venezia, uscito solo in Tv e (purtroppo) mai distribuito in home video –  per il suo esordio nel 1998 decise di analizzare le esistenze precarie di alcuni ex terroristi rifugiati politici a Parigi.

1988. Dario si sposa in seconde nozze con Fabienne e da Roma arrivano il padre e il fratellastro minore Jacopo. Quest’ultimo è un giornalista e decide di trattenersi nella capitale francese per intervistare il fratello e gli amici sul loro passato. Innescherà un corto circuito di conflitti, dubbi legittimi e soprattutto Jacopo è veramente un giornalista? Il regista privilegia la dimensione privata e affronta con pudore e obiettività i sensi di colpa, i sospetti, le paure e le paranoie con cui vivono e convivono i protagonisti della vicenda, figure liberamente ispirate ai tanti esuli riparati in Francia tanti anni fa (tra i più noti Negri, Persichetti, Scalzone e Battisti, i quali beneficiarono della cosiddetta “Dottrina Mitterand”). Un’opera prima intensa e intelligente, diretta con mano sicura, impreziosita dalle musiche etniche e jazz di Riccardo Fassi e interpretata benissimo da Ennio Fantastichini, Massimo Bellinzoni, Isabella Ferrari, Paolo Bessegato e Fabrizio Gifuni.

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