Regia di Steven Shainberg vedi scheda film
Diane Arbus, la fotografa dell'osceno e del diverso, è presentata come colei che ha osato mostrare l'inguardabile per invitare a spalancare gli occhi dell'immaginazione, per invogliare a vedere oltre. Riprodurre ad arte la realtà "attesa" e "desiderabile" genera, nell'osservatore, una sterile acquiescenza. Il brutto, invece, è uno stimolo visivo, che fa galoppare le emozioni, e poco male se ciò avviene sotto la spinta della morbosità. L'importante è smascherare i paradossi dietro cui si cela l'ipocrisia sociale, e il richiamo al "pelo" è più che mai calzante: se la pelliccia "morta" di un animale è uno splendido oggetto di lusso, la pelliccia "viva" di un uomo è una cosa innominabile e raccapricciante. Una provocazione che sgradevolmente tocca l'epidermide, e fa scandalo anche in un'epoca assuefatta alle più carnali trasgressioni.
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Condivido pienamente.
Trovo abbastanza sconcertante che questofilm sia stato ignorato dai più. In fondo si tratta di una delle fotografe più originali che hanno attraversato il Novecento. E la sua predisposizione andava ai freaks , le gemelle siamesi, l' uomo scimmia . Una provocazione . Siamo tutti animali con pelo. Tendiamo a toglierlo per apparire "normali". Normali, borghesi, finti e ritinti. Abbiamo paura dell' animale che è in noi. Che c'è , c'è sempre eppure ci spaventa, ci terrorizza;quando vediamo un uomo o una donna coperti di pelliccia proviamo sgomento, imbarazzo, finto pietismo. Quello che ci spaventa è la bestia che è in noi. Fur non è stato compreso o è stato fin troppo compreso ? . Comunque è un film da recuperare. Laurell
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