Regia di Dario Argento vedi scheda film
Si dice che ispirazione per i film di Argento siano i suoi incubi di infanzia quindi da questo punto di vista "Inferno" è il suo capolavoro assoluto perchè un incubo di film come questo non capita spesso di essere né visto né realizzato.
Tutto fatto con i piedi a mio avviso: per prima cosa la sceneggiatura di uno schematismo imbarazzante in cui i fatti si susseguono senza continuità e si passa da uno sgozzamento ad un altro senza mai delineare una storia se non che a New York nello stabile dove vivono tre quarti dei personaggi del cast si nasconde Mater Tenebrarum, chi sarà questa fantomatica signora? Sarà Alida Valli, Daria Nicolodi o Veronica Lazar? Oppure Leopoldo Mastelloni? Lo scopriremo solo sorbendoci l'agghiacciante script proprio della Nicolodi che prevede due hitchcockate ravvicinate dello stesso tipo mica da ridere: come in "Psycho" ci agganciamo ad un personaggio che durante il percorso scompare prematuramente e quello che credevamo fosse il protagonista o per meglio dire la protagonista ci lascia soli soletti per ben due volte con la paura di esser presi per mano da un incubo di attore come Leigh McLoskey e il brutto sogno regolarmente si realizza.
Ho appena sfiorato il discorso sulla prova attoriale di questo misconosciuto attore circondato da tante donne più o meno brave mal dirette da Argento che poveretto aveva la meningite e non stava niente bene al tempo per cui Bava lo sostituì a più riprese in più riprese e si vede anzi si vedono mani che compaiono nel frame mentre tirano e trascinano dei poveri gatti dentro una stanza o attraverso un buco, formiche che a quanto ne so furono risucchiate da un aspirapolvere e poi scaraventate ovunque qua e la e poi stecchite dall'insetticida mentre la razza di animale più schifosa del mondo, al secolo il topo, fa la sua porca figura assalendo il libraio storpio, una scena che fa schifo perchè ci sono ratti grossi come cerbiatti ovunque ma fa schifo anche per come è esposta la luce, e pensate che questo è un male spalmato in tutta la pellicola illuminata spesso con luci troppo acute denotando la mancanza abissale lasciata da Luciano Tovoli che aveva fatto un lavorone in Suspiria, la fotografia di questo film è orrenda come il film stesso.
Mi viene da salvare due scene soltanto per suggestione: la sequenza in cui Irene Miracle si immerge in una stanza piena d'acqua nello stabile maledetto e quella in cui la Giorgi scende nei sotterranei della biblioteca ed imbocca una stanza piena di pentole ribollenti in cui un inquietante cuoco dalle mani ossute e le unghie lunghe si accorge che si sta portando via il libro "Le tre madri", però l'orrore non può scatenarsi quando è fine a se stesso ma deve essere anche incastonato in un meccanismo che monta la tensione sia prima che dopo il culmine della scena stessa e tutto ciò qui non avviene.
Ultima ma non ultima la pomposissima colonna sonora dell'immenso Keith Emerson che all'inizio degli anni ottanta aveva ormai perso il suo smalto lontanissimo dai bellissimi album con Lake and Palmer e le sue dita pesanti su una partitura barocca non fanno altro che sugellare un filmaccio tremendo indegno delle prime grandi pellicole di Dario Argento che in seguito si ripeterà in peggio denotando in maniera accentuatissima tutte le pecche emerse in questo "Inferno" e cioè: incapacità totale nel selezionare la faccia giusta e nel saperla dirigere, mancanza di idee narrative oltre che di uno sceneggiatore che le butti giù e le sviluppi, una messa in scena adeguata alle circostanze e non monocorde, raffazzonata ed affrettata come in questa sua fallimentare produzione segnata da mille problemi.
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