Regia di Claudio Racca vedi scheda film
Pseudodocumentario su deviazioni, perversioni ed eccentricità sessuali, dall’inseminazione artificiale negli animali al cambio di sesso, dal nudismo all’omosessualità.
Un gay pride viene commentato con le parole (di Carlo Romano) “questa non è una maggioranza silenziosa, ma una minoranza chiassosa” e già – sono trascorsi appena pochi minuti dall’inizio – viene voglia di spegnere; ma poi la curiosità di vedere fino a che punto si spingerà questo morboso e reazionario mondo movie in ampio ritardo (il genere andava per la maggiore almeno un paio di decenni prima) vince su tutto, e si assiste così al peggio del peggio. Un esempio chiaro su tutti: una fotomodella poliziotta che fa specie poiché rappresenta contemporaneamente sia la donna-oggetto storicamente sottomessa al maschio, che la spaventosa (!) evoluzione aggressiva e nociva delle rivendicazioni femministe. Davvero, c’è poco da vedere e ancor meno da analizzare in una pellicola del genere, un’ora e un quarto di materiale d’archivio girato attorno al mondo senza una briciola di stimolo alla riflessione: solo denunce e sensazionalismo privi di fondamento. Effettivamente, al di là degli argomenti discutibili, Love duro e violento sfoggia una capacità critica già severamente sorpassata nello stesso 1985 in cui il lavoro viene pubblicato. Claudio Racca ha trascorso oltre trent’anni nel cinema di genere come direttore della fotografia, per firmare qualche sporadica regia ininfluente come questa, a conti fatti il suo quarto e ultimo lungometraggio. 1/10.
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