Regia di Marco Bellocchio vedi scheda film
Se Nel nome del padre, La cina è vicina e soprattutto I pugni in tasca avevano chiarito le intenzioni 'dissacratorie' di Bellocchio nei confronti dell'istituzione famigliare, ecco che con questa Marcia trionfale - titolo già di per sè sarcastico, poichè di trionfale c'è ben poco in questa storia - il regista piacentino punta diretto allo smantellamento del sistema repressivo vigente nelle caserme italiane (in anticipo di parecchi anni rispetto a Soldati - 365 all'alba di Marco Risi, del 1987, e certo con spirito polemico ben più incisivo). Ed azzecca in pieno i due protagonisti, il rude capitano interpretato da Franco Nero, un cattivo al 100%, ed il soldato dimesso, ma nè pavido e neppure stupido (buono quasi per antitesi, non perchè rappresenti in sè dei valori positivi, dato l'ambiente più simile ad una giungla che ad una società), affidato al bravissimo Michele Placido (Nastro d'argento). Prima ancora del Full metal jacket di Kubrick, Bellocchio mette in scena la disperata negazione della vita, della razionalità e dell'individuo che aleggia negli ambienti militari; curiosamente il finale è piuttosto simile, per quanto porti implicazioni molto diverse (il silenzio complice di Paolo Passeri è l'emblema della riuscita trasmissione dei valori negativi dell'ambiente), alla scena con cui si conclude la prima parte di Fmj. Sceneggiatura del regista e di Sergio Bazzini, bellissima (e non disprezzabile come attrice) Miou-Miou, particina per Alessandro Haber; musiche di Nicola Piovani. 6/10.
Il soldato Paolo è agli ordini del terribile e violento capitano Asciutto, un uomo senza scrupoli con una bellissima moglie segregata in casa. Paolo diventa l'amante della moglie, alle spalle di Asciutto, proprio mentre il capitano comincia a nutrire stima verso di lui...
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