Regia di Corneliu Porumboiu vedi scheda film
Prima parte un po' noiosa: inquadrature fisse che raramente oltrepassano un composto manierismo e macchinosa presentazione dei personaggi. Poi il film prende quota nella seconda parte, praticamente la diretta integrale di una trasmissione TV, una delle sequenze più radicali e insieme più surreali del cinema contemporaneo: il punto di vista è quello (distratto e, in tutti i sensi, "sfocato") del giovane cameraman, tranne in un paio di occasioni, quando Porumboiu riprende in mano la situazione per mettere a fuoco i momenti più dolenti di questo delirio grottesco. Fra gag "defilate" alla Tati, involontarie derive processuali, calunnie ed imbarazzi, passa un discorso serio e complesso sul revisionismo storico, le mistificazioni dei media, il modo in cui il popolo percepisce i mutamenti socio-politici, i difetti della società rumena (che assomiglia molto a quella italiana per la scarsa coesione interna, l'assente senso di appartenenza e anche l'ostilità nei confronti degli extra-comunitari, cinesi in questo caso). Finale ermetico, che ricorda Kiarostami per l'ambiguità fra realtà e finzione.
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