Regia di Corneliu Porumboiu vedi scheda film
Scene di ordinaria quotidianità post-rivoluzionaria. In Romania, a sedici anni dalla fine di Ceausescu, con l'animosità verso il tiranno sembra essersi spento anche l'entusiasmo per la vita. Adesso che il luminoso avvenire di allora è diventato il passato mediocre di un presente faticoso e incerto, il paese, modernizzato senza convinzione, stenta a recuperare la propria identità, in mezzo a brandelli sparsi di occidentalizzazione. Il disorientamento è aggravato dall'impossibilità di riconoscersi nel comune ricordo della rivoluzione del 22 dicembre 1989: un lampo comparso all'improvviso nel cielo di Bucarest, e subito svanito, come un fantasma allucinatorio. Il subitaneo abbandono di Ceausescu ha impedito che l'onda della rivolta si ingrossasse e raggiungesse le zone periferiche della nazione; ciò ha diffuso, in tutta la provincia romena, un frustrante senso di mancata partecipazione. Difficile attribuirsi un ruolo all'interno di una successione di eventi consumatasi sul filo dei minuti, allorquando scendere in piazza un istante prima o un istante dopo poteva far la differenza. Se la libertà non è avvertita come il frutto di una lotta condivisa, il suo significato si perde nei particolarismi individuali: un popolo che non è si è sentito cinto dall'orizzonte della Storia, non può ritrovarsi unito di fronte all'orizzonte del futuro. Così l'avvento della democrazia è diventato un bel sogno che nessuno ha avuto il tempo di godersi: il regalo che ci giunge fra le mani inaspettato, senza fiocchetti e senza l'ombra di un perché, non riesce a procurarci gioia, né può, in alcun modo, risultare memorabile. "A Est di Bucarest" racchiude questo retrogusto insipido nell'algida idiozia della tv verità, che cerca di colmare, con inutili testimonianze di gente qualunque, un punto morto della memoria collettiva: il vuoto causato da un momento che, semplicemente, è trascorso senza lasciare traccia.
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