Regia di Claude Chabrol vedi scheda film
La commedia del potere, titolo italiano, potrebbe suggerire che, a fronte di un sistema di scandalosa corruzione e vergognose distrazioni di fondi come quello che viene alla luce nel film, si possa paragonare il sistema d'affari sottobanco fra industria e politica (il potere, insomma) ad una sorta di commedia, in cui dopo tante peripezie tutto finisce bene (per i potenti, appunto). Nulla di tutto questo: si tratta semplicemente dell'ennesima, pacchiana e madornale leggerezza dei traduttori nostrani, incapaci di rendere l'idea dell'Ebbrezza del potere (L'ivresse du poivoir) che era il titolo originale scelto da Chabrol. Che è in definitiva ciò che va a fomentare le indagini della protagonista - una bravissima Isabelle Huppert - e che, appena viene a mancare, costituisce l'intoppo finale di esse e con esse di tutta la vicenda. Il regista francese, ormai passati i tre quarti di secolo di vita, ha ancora voglia di analizzare i malanni della società sua contemporanea, ma lo fa qui senza particolare mordente, nè intenzioni apertamente accusatorie verso alcuno (il film si apre con la classica didascalia relativa all'originalità di fatti e persone in esso contenuti). Buon ritmo, interpreti discreti, Chabrol non delude, anche se come detto non va neppure precisamente a segno. 5,5/10.
Un giudice donna indaga su un vasto giro di corruzione e fondi neri; sono coinvolti importanti industriali, politici e cifre riguardevoli. Man mano che le indagini proseguono, però, i bastoni fra le ruote si moltiplicano: la donna si dovrà arrendere.
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