Regia di Woody Allen vedi scheda film
Un illusionista e una giovane giornalista a caccia di scoop sulle tracce di un maniaco omicida. Ma non possono rivelare chi abbia fatto loro la soffiata.
*** CONTIENE ANTICIPAZIONI *** Il film è secondo me è un parziale passo falso di Woody Allen, e aggiungo pure che il problema pare essere proprio... Woody Allen. Nel senso che la mia perplessità principale è proprio l'interpretazione dell'attore-regista, e quindi il suo personaggio, che ho trovato quasi sempre sopra le righe. Questo mago Splendini è un personaggio fuori dalle sue corde, o forse ricorda solo in parte i personaggi a cui ci aveva abituato. L'illusionista non è un nevrotico di Manhattan, ma un uomo un po' scorbutico che, quando parla, sembra farsi beffe di tutti. Quando si tratta di aiutare e di scoprire la verità si mette in campo e si batte, ma ciò non cancella il suo onnipresente distacco beffardo. Inoltre, i suoi sproloqui non sono i monologhi o i dialoghi scoppiettanti che mi aspettavo, ma solo un continuo prendere in giro l'interlocutore. Ne esce un personaggio eccessivo, non simpatico, forse non scemo ma che però lo fa, forse in rivolta contro il resto del mondo. Di vere arguzie e di battute alleniane ce ne sono poche.
Di buono il film ha il tema, non nuovo per il regista, dell'aitante e ricco uomo di successo che nasconde segreti inconfessabili; ma pur tuttavia miete non poco seguito in società e con le donne. Al mondo si presenta come una bravissima persona, ma dentro, e nella vita privata, è un mostro raccapricciante. E' interessante notare come il suo fascino e la sua capacità d'inganno siano tali che la ragazza se ne innamori, finché non vuole più credere a tutti gli indizi che ci sono contro di lui. Per di più, inizia ad innamorarsi di lui già quando ritiene di essere sicura che sia l'assassino. Direi che è una riflessione non banale sulla capacità del male di presentarsi come bene; anzi, tanto più esso è spaventoso, tanto più è capace di una perfetta (o quasi) dissimulazione. Splendini, che non è coninvolto sentimentalmente (forse non è neppure geloso della ragazza) ha uno sguardo più limpido e sgombro dalla suggestione dell'incantatore, e per questo lo riconosce. In generale, il personaggio dell'assassino ricorda un po' il protagonista di "Crimini e misfatti" o quello di "Match Point", due ottime pellicole del nostro regista. Per di più, ritroviamo la nota antipatia di Woody Allen per i bellimbusti esternamente impeccabili, che però sono in realtà individui abbietti; oppure per i palloni gonfiati che hanno però successo con le donne.
Un altro appunto che mi sento di fare è sugli elementi fantastici: non sei sul tuo terreno, Woody. Pur rispettando al massimo l'ossessione del regista per la morte e l'esistenza di Dio (qui immagina un aldilà tipo ade, senza Dio), gli innesti ultraterreni rimangono spuri e fuori tono. A momenti sembrano una parodia, e anche le apparizioni del fantasma sono incerte su che tono assumere. Per il resto, con la tecnica - cioè riprese, zoom e inquadrature - ci siamo. E' tutto degno del nome chi l'ha fatto.
Infine, già esposte le mie rimostranze sull'interpretazione di Allen, due parole sugli altri: la ragazza (Johansson) è brava, e lo è pure il perfetto e insospettabile rampollo (Jackman).
Alla fine rimane la bocca acidula, per quello che è forse un tentativo che poteva andare meglio.
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