Regia di Woody Allen vedi scheda film
E’ a tutti gli effetti una messa in scena. Abbiamo il mondo del palcoscenico, della magia, due individui che si fingono persone che non sono, e quel viaggio in barca verso l’Ade che non può tradire. Siamo nei dintorni di “Manhattan Murder Mystery”. Woody Allen torna davanti alla macchina da presa felicemente. E’ divertente e divertito. Ci prende gusto, e si vede che ha recitato felicemente, altrimenti da dove nascerebbe la battuta migliore del film “Sono di religione ebraica, ma mi son convertito al narcisismo”? O quella sul carpaccio “di tela?” gli fa uno, “No, di tonno”. Ha trovato una nuova dimensione per apparire come attore, e lasciati i panni (mica tanto) del nevrotico e pasticcione amante o pseudo tale, diventa un’istrionico saltimbanco, sempre logorroico come piace a noi. Scarlett Johansson è una fata che passa dalla commedia, da cui arriva il suo personaggio, alla sensualità classica di cui il suo personaggio è vettore in alcune scene intime. L’eleganza di Hugh Jackman fa il resto. Il giallo comico di Allen prende un po’ anche da Hitchock, di cui conserva lo sguardo e il gioco del mistero che avvolge uomini comuni. Rintracciabile anche un piccolo escamotage christieano, quello di “ABC Murder”, “La Serie Infernale” per noi in Italia, che è ormai anch’esso un classico. Quindi un Woody Allen che dopo il capolavoro di “March Point”, il più hitchcockiano tra i suoi epigoni, ritorna alla commedia, e precisamente al giallo comico, capovolgendo i punti i vista e le morali del film precedente chiudento con un’esortazione a provarcela ancora (memore di Sam), perché tutto alla fine è possibile. Rileggendo i suoi due film londinesi da questo punto di vista sembrano entrambi far parte dello stesso disegno alleniano, anche se il primo era oscuro e il secondo divertito. E poi, Woody Allen che guida una Smart fa ridere!
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