Regia di Alan Smithee vedi scheda film
"Directed by Allen Smithee", si legge nei titoli di testa. Allen Smithee (che in seguito diventerà Alan Smithee) è un nome fittizio, lo pseudonimo utilizzato per anni ad Hollywood dai registi che, in disaccordo con la produzione, non riconoscevano la paternità delle proprie opere. Insomma, un vero e proprio atto di ribellione nei confronti delle major. Il primo film a recare la firma di Allen Smithee è Ultima notte a Cottonwood, titolo italianizzato del ben più efficace Death of a Gunfighter del 1969. Iniziato sotto la direzione di Robert Totten, il film fu completato da Don Siegel su espressa richiesta del suo interprete Richard Widmark. Ma, al termine delle riprese, entrambi i registi rifiutarono di farsi accreditare il nome nei titoli di testa, optando per quell’Allen Smithee che da allora in poi diventerà il nome convenzionale per eccellenza per contraddistinguere film disconosciuti dai propri autori. Ultima notte a Cottonwood è un western che risente sicuramente delle traversie produttive alle quali è stato sottoposto. Si percepiscono la bipolarità e lo squilibrio di un’opera alla quale è fin troppo chiaro che siano state apportate mani diverse: ad una prima parte più attenta ai dettagli psicologici ma convenzionale, segue una seconda nettamente votata all’azione e più inventiva. Ma veniamo con ordine, perché questo è un film che merita di essere approfondito al di là dei suoi demeriti cinematografici e delle sue curiosità produttive.
La storia muove i suoi passi a Cottonwood, cittadina del West governata da un gruppo di signorotti locali intenzionati a fare della propria città una moderna metropoli al passo con i tempi. La loro ambizione, però, si scontra con una presenza ingombrante. Quella di Frank Patch (Richard Widmark), il vecchio sceriffo che loro stessi avevano eletto venti anni prima, quando l’epoca dei pistoleri era ancora viva e si aveva bisogno di un uomo di azione per tutelare i propri interessi. Ora, però, Patch è una figura obsoleta per la “nuova Cottonwood”, è l’uomo del passato che per forza di cose non può più rappresentare la città nuova. Siamo infatti agli inizi del Novecento: le auto cominciano a soppiantare i cavalli, si richiedono classe e modernità, bisogna adeguarsi al ventesimo secolo dal quale Patch, con le sue rughe ed il suo carattere autoritario e brutale, è un corpo del tutto estraneo. Ma Patch è una figura scomoda anche perché sà. Conosce infatti i segreti più sporchi del paese e continua a tenere sotto scacco gli iporcriti e meschini padroni locali. Per tutti questi motivi, Frank Patch va eliminato: con le buone, o preferibilmente con le cattive. L’occasione giusta si presenta quando Frank, per legittima difesa, è costretto ad uccidere un negoziante del posto, sposato ad una donna che per anni era stata l’amante dello stesso sceriffo. Quale migliore occasione per spiattellargli in faccia una richiesta di dimissioni? Peccato che Frank Patch non sia per niente intenzionato a farsi da parte…
Death of a Gunfighter procede con la giusta tensione verso un finale amaro e già scritto, arricchito da spunti interessanti e da una approfondita descrizione dei caratteri e dei personaggi secondari: il proprietario del saloon (Carroll O'Connor), voltafaccia e meschino aizzatore di folle; lo sceriffo federale messicano Lou Trinidad (John Saxon), ex aiutante di Frank ora diventato una importante autorità, che si contrappone a Patch cercando di dissuaderlo a tornare sui suoi passi. Ma, su tutti, regna incontrastato un malinconico, superlativo Richard Widmark. Viso stanco e invecchiato, delinea il ritratto di un uomo cocciutamente convinto di una anarchica necessità del comando, perchè "in assenza di altri, qualcuno deve pur farlo". Ultimo baluardo di un mondo che sta scomparendo ma che si ostina a sopravvivere, mentre si aggira funereo tra le fondamenta della nuova Cottonwood, già moderna e già vile.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta