Regia di Preston Sturges vedi scheda film
Un film pieno di musica, ma… “Non c’è niente di serio nella musica. Dovrebbe essere ascoltata da sdraiati, con un panino in una mano e un boccale di birra nell’altra. E un sacco di belle ragazze attorno.”
Lo sta dicendo nel salotto di casa sua sir Alfred De Carter (Rex Harrison) prestigioso direttore d’orchestra che non esiterà a lasciare di stucco il pubblico acclamante andandosene dal teatro dall’ingresso di servizio senza ripresentarsi agli applausi.
Ma, vedremo, aveva molto da fare.
Magnifico, flessuoso, elegantissimo gentleman di mezza età, Rex Harrison nel 1948 aveva 58 anni e dirigeva Rossini, Wagner e Tchaikowsky (naturalmente nel film) come se non avesse fatto altro in vita sua che salire sul podio di un’orchestra sinfonica.
Forse a tratti c’è una veemenza eccessiva nel gesto, specie nel crescendo rossiniano, ma è da capire, mentre dirige pensa ad altro, dopotutto non è la musica il centro dei suoi pensieri in questo momento.
Ma partiamo dall’inizio.
Sir Alfred è un musicista di chiara fama e grande bravura (infatti dirigere quei tre colossi uno dopo l’altro non è uno scherzo!) ed ha sposato una giovane, bellissima ragazza di modeste origini, la levigatissima Linda Darnell , Daphne nel film.
Mito della Hollywood dei tempi d’oro, Linda morì prematuramente a 42 anni nel rogo di casa sua appiccato da una sigaretta rimasta accesa mentre lei si appisolava, ironia della sorte, davanti ad un suo film in TV.
Questi particolari biografici sarebbero inusitati ed eccentrici, parlando di un film, se non si trattasse di Unfaithfully Yours , capolavoro d’ironia ed eccentricità che all’epoca fu molto sottovalutato ma che oggi torna meritatamente alla ribalta grazie a Lab.80.
Sturges smonta tutti i meccanismi del fare cinema e li rimonta a modo suo, mette le pedine sulla scacchiera poi butta tutto all’aria, ti fa credere di essere davanti ad una sophisticated comedy ed invece è una screwball comedy, la commedia svitata e imprevedibile di hollywoodiana gloria ormai agli sgoccioli nel ’48 ma ancora capace di magnifici colpi di coda.
Dunque un cinema che prende in giro sé stesso, tre corti dentro un lungometraggio, tanto accade quando sir Alfred immagina tre soluzioni possibili ad un suo problema di gelosia mentre dirige i tre pezzi d’opera, rispettivamente brani da la Semiramide e Guglielmo Tell di Rossini, il Tannhauser di Wagner, e la Francesca da Rimini di Tchaikowsky.
Un prologo, tre brevi atti e un epilogo sono le parti del film, modello canonico di una “commedia degli equivoci” che, almeno a partire da Plauto, ha trovato in ogni epoca i suoi degni cultori.
Cosa accade nel prologo?
Sir Alfred torna da una lunga torunée, ad aspettarlo all’aeroporto moglie e cognati.
Il dialogo con il controllore già mette sull’avviso sul clima del film.
Nasce l’equivoco dopo qualche scena, ma sarà chiarito solo nell’epilogo dove l’happy ending lascerà con un retrogusto amaro in bocca.
La buona borghesia americana è messa alla berlina, ma con una punta di cinismo e cattiveria in più del solito, tanto i rituali sono esibiti e ridicolizzati.
Sir Alfred ne è un rappresentante anomalo, vittima e distruttore allo stesso tempo.
Senza nulla svelare per evitare spoiler, diremo che l’equivoco che scatena nella mente di sir Alfred tumultuosi conati di gelosia sono gestiti su due piani: quello mentale, dove si scatenano scenari orrendi, e quello fattuale del fair play più controllato possibile.
Lo svelamento finale riporta tutto nei binari della normalità, ma quello che sir Alfred ha immaginato, e il film puntualmente documentato nella sua reale illusorietà, è accaduto, e non si cancella.
Oggetto della gelosia furente e torbida è l’incantevole e ovviamente innocente moglie Daphne, che ha l’unico difetto di essere molto più giovane di lui.
(piccolo gossip, pare che Preston Sturges, al suo quarto matrimonio, proiettasse molto di sé nella vicenda, a riprova di quanto fama e ricchezza non bastino a rendere l’uomo felice).
I tre corti
Quando l’equivoco ha preso forma ed è divenuto ossessione nella mente di sir Alfred , Sturges escogita la bella trovata cinematografica di un gran close up con zoom nell’occhio del direttore e campo nella sua mente sconvolta.
Partono i tre brevi film:
L’uxoricidio
Il perdono
La roulette russa
Questi i tre possibili titoli dei corti, ognuno a forte intensità drammatica, scenari da vero e proprio thriller che sfilano nella sua mente ossessionata, e tutto mentre dirige l’orchestra, con ottima ricaduta sulla qualità della sua direzione, miracolo di intensità emotiva di cui il pubblico ignora l’origine.
Epilogo
Quando lo spettatore è ormai convinto di essere davanti ad un noir, o ad un film d‘amore e gelosia, o ad una tragedia sul palcoscenico, ecco che Sturges scopre le carte e ci dice: e ora ridete con me.
E di risate riesce a farne fare davvero tante, come non si credeva più di poterne fare al cinema, tanto diventa spiazzante il meccanismo del comico che usa da capocomico consumato.
Si arriva così al finale, perfettamente corroborati da un pezzo di cinema egregio, con attori, anche i più piccoli figuranti, delineati alla perfezione, il ritmo che non perde un colpo, uno script fiammeggiante, pieno di battute felici e tanta bellissima musica (Sturges l’ha prodotto, scritto e diretto tutto da solo, mancava solo la musica, ma ha saputo a chi affidarsi.)
Tannhäuser Overture ci guida all’uscita, edizione celebre di Toscanini nello stesso anno del film , e pare che Sturges si sia ispirato proprio a lui per la figura del Direttore.
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