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Lady in the Water

Regia di M. Night Shyamalan vedi scheda film

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La recensione su Lady in the Water

di Antisistema
7 stelle

Prima pellicola vista di Night M Shyamalan in home video a suo tempo, quindi è giusto che tale opera, funga da punto di chiusura momentaneo di quest'analisi riguardante il cinema del regista indiano, che con Lady in the Water (2006), gira indubbiamente la sua opera più sentita e personale, ispirandosi alle favole della buonanotte, con le quali era solerte addormentare le proprie figlie; le critiche di The Village (2004), furono negative, ma nonostante tutto, la sequela di quattro super incassi ai botteghini, dovrebbe essere una garanzia per la Disney, la quale invece teme l'insuccesso dell'opera, costringendo il cineasta a rivolgersi alla Warner, ben lieta di finanziare tale opera, che invece sarà il più grande disastro finanziario, oltre che critico, della carriera del cineasta, se si escludono i due blockbuster fatti successivamente. 

Indubbiamente Lady in the Water è un'opera personalissima, ma non perchè il regista lo abbia dichiarato in interviste per fare pubblicità, quanto semplicemente, perchè l'intera opera è concepita in una chiave meta-filmica e meta-linguistica, con un andamento narrativo sfuggente quanto ondivago nel ritmo, come lo sono le favole migliori. 

Abientato tutto in un luogo, un condominio di varia umanità al cui centro vi è una piscina, Cleveland (Paul Giamatti) è il custode solitario di tale posto, per cui ha abbandonato la professione di medico a causa della perdita di tutti i propri cari, svolgendo il lavoro con dovizia, entrando in contatto con le varie esistenze delle persone in tale luogo, ma senza farsi trascinare troppo, per evitare un nuovo dolore, ma il ritrovamento nella piscina di una ragazza dai capelli rossi di nome Story (Bryce Dallas Howard), una Narf che afferma di venire dal Mondo Azzurro per consentire ad uno scrittore lì presente di portare a compimento la propria opera, decisiva per le sorti future del mondo; ma la sua missione è ostacolata da uno Scrunt, una misteriosa belva dall'indole feroce, la quale dovrà essere affrontata necessariamente, visto che Story dovrà far ritorno al suo mondo, dopo aver svolto la propria missione, per questo motivo Cleveland, cercherà l'aiuto degli inquilini. 

Lady in the Water parte da un sostrato favolistico, che oramai sempre meno ricordano (infatti solo l'inquilina orientale anziana conosce la storia), che come per il fumetto in Unbreakable (2000), altro non è che un veicolo per tramandare antiche storie, oramai considerati miti persi nel flusso del tempo, messe sottoforma di favole archetipe, dalle quali estrapolare i significati dai simboli in esse presenti, per trovare la corrispondenza nella realtà, visto che Cleveland, cerca di decriptarne il senso, per trovare tra i vari inquilini del complesso residenziale (alcuni molto strambi, tra cui uno scrittore, un critico cinematografico, un ragazzo che allena un braccio solo etc...), coloro che abbiano le necessarie caratteristiche, per poter aiutare Story nello svolgimento del proprio compito; qui si ritorna quindi al nucleo fondamentale del cinema del cineasta indiano, la necessità da parte dell'essere umano di trovare uno scopo in questo modo grigio, anonimo e privo di senso, dove Cleveland dovrà ritrovare il proprio vero scopo e comprendere quale possa essere quello altrui, tra le varie personalità. 

 

 

Sfuggente, strambo financo ridicolo probabilmente, si può comprendere la perplessità di uno spettatore non preparato innanzi ad un'opera difettosa come Lady in the Water, magari fallace, troppo sfilacciato per le lungh e magari l'aspetto fantasy-irrazionale subito messo in scena e non svelato poco a poco come di consueto nelle altre opere del regista, magari toglie qualcosa al fascino dell'opera, alla quale però non gli si può riconoscere la presenza di una tensione costante verso un mistero continuo, che rende comunque il film sempre interessante, legandosi alla perfezione con il tono delle favole a cui il cineasta fa riferimento, inoltre la componente metacinematografica mai come prima, qui risulta così evidente da essere probabilmente un pò troppo eccessiva, quasi come se il regista stufo di certe critiche ed incomprensioni verso il proprio cinema sin dai tempi del Sesto Senso (1999), avesse deciso di mettere bene in chiaro le basi su cui esso si fonda, trovando il bersaglio massimo della propria invettiva nel personaggio di Harry Farber (Balaban), critico cinematografico, il quale dall'alto della suo egocentrismo, crede di aver capito tutti i meccanismi del racconto quanto del suo svolgimento, inserendo il tutto all'interno di un ordine razionale delle cose, che puntualmente nel cinema del regista naufraga innanzi ad un salvifico elemento fantastico, scheggia impazzita, capace di liberare l'uomo delle proprie sofferenze e renderlo finalmente libero, non è un caso che Farber alla fine sarà colui che ne uscirà sconfitto, mentre Cleveland trovando nelle profondità del proprio dolore la forza di esternarlo, riuscirà tramite il suo atto di fede a trovare nuovamente il proprio scopo.

Il personaggio di Harry, chiara ed aperta sfida ai critici da parte del regista, non poteva che far catalizzare sull'opera, l'ingiusto odio di una critica sentitasi colpita in pieno nel proprio orgoglio, riservando all'opera le peggiori stroncature appigliandosi ad ogni cosa (dal ritmo, alla storia, passando per la recitazione fino all'uso dell'ironia); in fondo costoro non sono proprio come quell'umanità descritta ad inizio film dalla voce narrante, che per secoli ha perso ogni capacità di ascolto nei confronti delle Narf come la nostra Story? Lady in the Water è un puro atto di fede, come quello compiuto da Cleveland nei confronti di Story, accettandone con assoluta limpidezza, tutto ciò che la ragazza gli ha detto (così come lo stesso bambino, che accetta di buon grado di essere un personaggio della fiaba senza fare domande ed indicando agli adulti cosa fare), senza battere un ciglio, il tutto coadiuvato dall'ottima recitazione di Paul Giamatti, finalmente promosso a protagonista e presto ritornato a fare il caratterista dopo il floppone del film, così come Bryce Dallas Howard, che sprigiona un fascino etereo e pudico, proprio di un essere di un altro mondo, numerosi sono gli sguardi in camera concessi da parte del cineasta, che rende il proprio stile più sobrio, creando però un'amalgama unico tra fiaba moderna e sit-com (che a me in gran parte hanno divertito, ma forse sto trovando una certa sintonia con il regista), con riprese visivamente interessanti, partendo da quelle inquadratura a pelo d'acqua dotate di un fascino onirico tutto loro. Devastato al box office e letteralmente atomizzato dalla critica, Lady in the Water merita una riscoperta, a patto che lo si affronti come detto sopra, altrimenti, sarete solo degli ennesimi Farber. 

 

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