Regia di Andrei Tarkovsky vedi scheda film
Quella di Ivan, più che un'infanzia, è una giungla in cui sopravvive solo chi è baciato dalla sorte. Non il più vigliacco o il più coraggioso, il più buono o il più cattivo, il più abile o il più inetto: ogni soldato che non voglia impazzire vive la sua missione gettandosi alle spalle l'idea che possa essere l'ultima. E questo fa anche Ivan per non apparire un codardo: vive ogni momento della guerra con energica inerzia, voltandosi di fronte ai lampi di una vita gioiosa che ormai pare perduta per sempre, fino ad incontrare un tragico ed inevitabile capolinea. La capacità di Tarkovskij di dipengere l'immagine è già potentissima, ed il film si anima di suggestioni visive quasi evanescenti, che contrastano il raccapricciante protrarsi dell'orrore della battaglia. Ma è ancora acerbo, molto basato sul plot. Ha il pudore di eliminare (o comunque smussare pesantemente) la fastidiosa retorica di scene madre atte a far scendere la lacrimuccia, ma preme il freno sulla sperimentazione e rimane ancorato ad una narrazione prudenzialmente tradizionale, ben lungi dall'espansione stilistica che lo porterà a realizzare i suoi capolavori futuri.
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