Regia di Sergio Garrone vedi scheda film
Girato sugli stessi set e con medesimo cast tecnico/artistico di SS Lager 5, il film di Sergio Garrone pur non essendo capolavoro ha una sua ragion d'essere, oscurata da un titolo delirante e dall'appartenenza ad un filone (eros svastika) ghettizzato talvolta impropriamente.
Dietro comando diretto del Führer, all'interno di un lager si compiono esperimenti sulla riproduzione e sul perfezionamento della razza ariana: vittime giovani ragazze ebree sottoposte a trapianti di ovaie e altri allucinanti test. Il dottor Steiner (Attilio Dottesio) è un esperto chirurgo ebreo nascosto sotto mentite spoglie tedesche, al servizio della spietata logica nazista. Mentre tra il sergente Helmut (Mircha Carven) e la reclusa Mirelle (Paola Corazzi) si va formando un rapporto affettivo, il colonello von Klein (Giorgio Cerioni) individua in un superdotato soldato tedesco il donatore ideale per un trapianto, a cui vuole sottoporsi, imposto con il ricatto al dottor Steiner. In passato una prigioniera abusata con atto di violenza sessuale, si era difesa "castrando" a morsi, il colonello.
Il diavolo non sempre è così brutto come lo si dipinge. E anche alcune pellicole appartenenti all'eros svastika hanno, nel bene o nel male, una sua ragion d'essere. Qui va da sé che il titolo sia tra i più deliranti della serie, come pure il soggetto (e a seguire la sceneggiatura) scade nella banalità e, talvolta, affonda nel cattivo gusto (l'operazione con evidenza di testicoli abnormi fa davvero impressione). Però Garrone (fratello del più celebre Riccardo, attore/regista/doppiatore e volto attribuito al San Pietro dello spot Lavazza), come regista sa il fatto suo e infatti approda al genere nazi dopo aver diretto interessanti western (Django il bastardo e seguito) e horror (La mano che nutre la morte e Le amanti del mostro).
Lontano dai rinnegati wip (acronimo di Women In Prison) a lui attribuiti nei credits ma opera altrui, tipo Perverse oltre le sbarre e Le porno detenute, in Lager SSadis Kastrat Kommandatur (girato back to back con SS lager 5 - L'inferno delle donne), Garrone dimostra buona conoscenza del mezzo cinematografico mettendo in scena raffinati movimenti di macchina ed efficaci scene, impreziosite da una buona fotografia.
Certo, tanta tecnica e buon mestiere sembra essere qui al servizio di una violenza inutilmente eccessiva e anche fastidiosa: dalla brutale sevizia in una vasca con acqua bollente e poi gelata, alla tortura con pressione sparata nei timpani o, in una sequenza davvero atroce, con affissione - ed esposizione in pubblico - di corpo nudo, crivellato di colpi, sanguinante e a testa in giù (scena emblema del film e rappresentata sul manifesto cinematografico) di un'adolescente, colpevole di aver colpito con una forchetta un viscido sergente che peraltro, in passato, l'aveva brutalmente stuprata. Di una tristezza infinita anche l'incipit con esposizione dell' esperimento n. 732, durante il quale, con il supporto di elettrodi e scariche elettriche, alle detenute ebree viene imposto di sentenziare: "La razza ebrea è l'ultima razza del mondo". Coloro che rifiutano, dopo lunghe e gratuite torture, subiscono diretta iniezione di fenolo. Ma per fortuna questo compiacimento nel porre in evidenza scene di dubbio gusto, via via che scorre il film, cede il posto ad una storia di amore che coinvolge appunto un sergente e una reclusa. Storia d'amore romantico, in grado di spostare il bilancino a favore di un plot più digeribile e, fortunatamente, polemico nei confronti delle brutture compiute in (purtroppo reali ieri come oggi) luoghi di detenzione. E il ripensamento nonché il rimorso straziante che divora la coscienza del dottor Steiner, consente di valutare l'opera sotto un'ottica modicamente più positiva. In conclusione non si tratta di un film pasoliniano o di serie A. Ma nemmeno deve trarre in inganno il titolo (e l'inserimento in un discutibile filone), facendo ingiustamente cadere oltre la serie Z un film che ha, ripetiamo, una sua ragion d'essere. A un buon reparto tecnico non corrisponde, stavolta, lo score musicale curato da Pregadio (il maestro della Corrida televisiva) che in questa circostanza (evidentemente "alimentare") compone una traccia musicale insignificante e anonima gravando in parte, con il suo scadente ritmo, sulla fruibilità stessa del film.
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