Regia di Nardo Bonomi vedi scheda film
Un picciotto organizza il furto di un ingente quantità di armi ai danni di un boss, Don Carmelo. Nonostante venga tradito, l'uomo riesce a farla franca e a trovare in un commerciante arabo un potenziale acquirente della merce. Ma Don Carmelo è sempre sulle sue tracce.
Nardo Bonomi: chi era costui? Boh. Sul regista di questa pellicola scarseggiano le notizie in rete, ma forse un pizzico di mistero può alimentare un interesse altrimenti pressochè nullo nei confronti di questo film. Opera prima e ultima di Bonomi, anche autore del soggetto e, insieme a Giulio Berruti, della sceneggiatura, La mano lunga del padrino è un mediocre gangster movie all'italiana, contaminato cioè con la violenza e il concetto di 'giustizia personale' dello spaghetti western, nonchè con un tocco di kitsch, a un passo dalla commedia, nella costruzione dei personaggi, sempre lievemente sopra le righe. La storia non è neppure malaccio, il ritmo così così, la tensione va e viene; il cast d'altronde non aiuta granchè, non essendo nulla di eccezionale a esclusione di Adolfo Celi, chiamato a impersonare per l'ennesima volta nella sua carriera il cattivone di turno. Peter Lee Lawrence, Erika Blanc, Claudio Ruffini, Riccardo Petrazzi e Kim Dimon sono gli altri nomi principali sul cartellone; Berruti si occupa anche del montaggio, mentre la colonna sonora - non male, in linea con i lavori contemporanei - è firmata da Silvano D'Auria, altro nome che qui debutta nel fantastico mondo della settima arte e qui compie la sua ultima prestazione per essa. Considerando l'anno di uscita, può sembrare un lavoro perfino in anticipo con i tempi (prodotti e prodottini di simile argomento arriveranno a frotte nei mesi e negli anni seguenti); naturalmente, però, il film non è altro che un tentativo di sfruttare l'onda lunga del successo del Padrino di Coppola, uscito da pochissimo e già capace di fare ghiotti incassi. 2,5/10.
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