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Il mostro del museo delle cere

Regia di Bud Townsend vedi scheda film

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La recensione su Il mostro del museo delle cere

di undying
3 stelle

Debole rilettura di un classico, molto approssimativa per regia e interpretazioni.

 

locandina

Il mostro del museo delle cere (1969): locandina

 

Per questioni di gelosia il truccatore Vincent Renard (Cameron Mitchell) subisce un violento attacco da parte di Max, un produttore cinematografico, rimanendone sfigurato. Negli anni seguenti Vincent si è dedicato anche alla cura e gestione di un museo delle cere, collocando al suo interno figure che sembrano essere vive. Poco a poco gli attori della compagnia di Max iniziano a sparire, giusto dopo avere posato per un calco del viso da parte del tormentato truccatore...

 

Cameron Mitchell

Il mostro del museo delle cere (1969): Cameron Mitchell

 

Il tema del museo delle cere è stato affrontato molteplici volte al cinema, sin dai lontani Anni '30 con la pietra miliare La maschera di cera di Michael Curtiz, a proseguire con il bel remake a colori e in versione stereoscopica (ovvero in 3D) di André De Toth e interpretato, nel 1953, dal mitico Vincent Price. Oltre a un innovativo remake voluto da Dario Argento -destinato in origine alla regia di Lucio Fulci (poi diretto dall'effettista Sergio Stivaletti)- e ad una delle migliori versioni moderne diretta da Jaume Collet-Serra (decisamente più interessante del duetto diretto qualche anno prima da Anthony Hickox, ovvero Waxwork 1 e 2), in mezzo ci stanno tantissime altre pellicole più o meno riuscite tipo Gli orrori del museo nero (1959) e, di dieci anni più tardi, questo Nightmare in wax (Il mostro del museo delle cere). Film decisamente brutto, interpretato malamente da Cameron Mitchell, attore che ha prestato più volte il suo talento a produzioni di poco conto, modeste economicamente (e artisticamente) come lo è questo film diretto anonimamente da Bud Townsend.

 

scena

Il mostro del museo delle cere (1969): scena

 

Per quasi tutta la durata la pellicola sembra non seguire una precisa sceneggiatura e anche i dialoghi non aiutano a risollevare le sorti di un prodotto privo di ritmo e completamente svuotato di significato. Decisamente forzata, ad esempio, appare la spiegazione della sostanza liquida (tipo Pentothal) utilizzata per pietrificare i modelli, che resterebbero così in una non meglio definita condizione di vita "sospesa". Alla scarsa efficacia dei trucchi, con un malriuscito effetto di ustione sul volto di Mitchell (oscurato per metà da una benda), fa da contrappeso un minimo di vigore che viene impresso dalle maestranze tecniche (va detto che è  ottima la fotografia, sono belli i costumi e indovinate le luci colorate) e da un certo clima di tensione che si manifesta poco prima del confuso finale (incomprensibile nella edizione italiana circolante). Si salvano giusto giusto i 10 minuti nell'antro del maniaco, quando questi insegue un'attrice in fuga mentre quest'ultima urla a squarciagola: troppo poco anche per un film di fine Anni '60!

 

scena

Il mostro del museo delle cere (1969): scena

 

Il mostro del museo delle cere era praticamente introvabile, fino a quando la Cult Media ne ha messo in circolazione una versione Dvd destinata alle edicole. Premesso che il livello medio dei prodotti Cult Media si assesta alla qualità della Mosaico, in questo caso sorprende la buona definizione video, ricavata da un master positivo non disprezzabile (eccezion fatta per qualche salto di metraggio nella fase iniziale e sui titoli di testa) e la presenza di una traccia audio (italiana e inglese) molto pulita: le voci dei doppiatori sembrerebbero però di una quindicina d'anni successivi, e non del 1969/1970, probabilmente perché il film è stato tradotto nell'occasione di qualche passaggio televisivo, ovvero per essere uscito tardivamente nelle sale cinematografiche italiane.

 

scena

Il mostro del museo delle cere (1969): scena

 

Curiosità: un regista italiano purtroppo poco attivo nel genere, Giorgio Ferroni, ha realizzato una versione personalissima, affascinante e non ufficiale de La maschera di cera. Si tratta de Il mulino delle donne di pietra, uno dei titoli più significativi (tra l'altro a colori), quasi un precursore, del periodo "gotico all'italiana" (1957/1966).

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