Regia di Yoshiaki Kawajiri, Katsuhiro Ôtomo, Rin Tarô vedi scheda film
Manie-Manie-I racconti del labirinto (noto anche come Neo Tokyo) è un film d'animazione ad episodi, del 1987 scritto e diretto rispettivamente da: Rintaro, Y. Kawajiri ed K. Otomo; co-prodotto da Kadokawa Shoten e dal consolidato Madhouse; il film in italia è stato distribuito, con un buonissimo doppiaggio, da Dynit.
Sinossi: Una ragazzina insieme al suo gatto Cicerone mentre giocano a nascondino finiscono in maniera rocambolesca in un'altra dimensione oscura ed inquietante, qui verranno attratti all'interno di un misterioso circo dove assisteranno ad una serie di storie (i due cortometraggioi diretti da Kawajiri e Otomo)
Nel 1983 il mondo cinematografico dell'animazione giapponese accoglie il colosso dell'editoria Kadokawa Shonen, i quali decidono di esordire con il botto producendo il kolossal Harmagedon-La guerra contro Genma, diretto da Rintaro (si segnala anche l'operato di un giovane Otomo). Il film ebbe molto successo a tal punto da spingere lo studio a continuare a puntare su questo settore; nello specifico Haruki Kadokawa (figlio del patron Kadokawa) voleva riunire all'interno di un unico film, più autori talentuosi ma con stili differenti, per cui decise di produrre uno dei primi esempi di omnibus cinematografico animato: Manie-manie-I racconti del labirinto.
1) Labyrinth: L'opera si apre e si chiude con il corto di Rintaro, dove prevale uno stile visionario, psichedelico e quasi onirico: il mondo parallelo in cui precipitano i due protagonisti (una bambina ed il suo gatto) è un luogo inquietante, magico, oscuro in cui si manifesta un indefinibile sensazione di malinconia.
La regia è stupenda, verso la fine del corto assistiamo ad un piano sequenza dinamico correlato da una colonna sonora che richiama il mondo gaming degli anni 80. Molto interessanti anche i primi piani su determinati dettagli e particolari (ad esempio il rossetto preso dalla bambina oppure la madre che tagliuzza la verdura).
Un corto assolutamente sperimentale, quasi privo di dialoghi, vera e propria narrazione per immagini.
2) L'uomo che correva: Completamente differente il secondo corto, firmato dal geniale enfant terrible Yoshiaki Kawajari, che ci propone una storia sci-fy post-moderno dove in un luogo non meglio specificato, esiste uno nuovo sport violento e adrenalinico: il Death Circus, un circuito per gare automobilistiche estreme (chiaro omaggio ad Anno 2000 di Roger Corman).
Il campione indiscusso è Zack Hung, pilota aggressivo che supera costantemente i propri limiti; la storia ci viene presentata da un reporter che ha il compito di intervistare il noto campione.
Kawajiri opta per una narrazione in pieno stile noir, le poche ed essenziali informazioni ci vengono comunicate attraverso la voice-over del reporter che si traveste da detective per indagare sul misterioso talento del pilota.
Iconograficamente il reporter ricorda tantissimi detective del cinema classico americano, grazie all'immancabile sigaretta ai lati della bocca, impermeabile e cappello vintage il tutto unito da un disegno incredibilmente realista (diverso dal tratto di Rintaro più stilizzato e pittoresco).
Meraviglioso anche il contesto scenico; il circuito è invaso da decine su decine di cartelli pubblicitari con luci al neon (qui il riferimento è chiaramente Blade Runner) il tutto arricchito da lampi orrorifici, inseriti quando ci viene mostrato in primo piano il volto del campione pronto a superare i propri limiti (tematica cara al regista) e deciso ad utilizzare i suoi poteri ESP per distruggere letteralmente gli avversari (finale "apocalittico" per la felicità di Otomo).
Sul discorso regia vale la stessa cosa detta per Rintaro, siamo su livelli altissimi; cito solamente il primo piano in duch-angle all'indietro sul reporter, sconvolto quando il campione attiva i suoi poteri, oppure il fiammegiante e adrenalinico finale.
3) Interrompete i lavori: Siamo giunti alla fine con il corto di Otomo, questa volta dallo sci-fy post-moderno si passa ad uno stile cyberpunk post-apocalittico.
A causa di un colpo di stato in un fittizio paese del sud-america, il contratto di lavoro di una compagnia industriale giapponese, specializzata nell'utilizzare manodopera robot, viene annulato per cui il salaryman Sugioka viene inviato, dal suo superiore, sul posto per far cessare i lavori e quindi impedire ulteriori perdite; sfortunatamente per lui l'impianto si trova in una palude sperduta dove ormai le macchine hanno preso il sopravvento e soprattutto sono determinate a compiere la loro missione: rispettare le date di consegna.
Il corto di Otomo è sicuramente il più importante per spessore narrativo e fin dalla voce fuori campo iniziale si intuisce la forte vena critica del maestro che si scaglia aspramente contro i massacranti ritmi lavorativi a cui sono sottoposti i suoi concittadini, i quali ormai sono stati indottrinati a rispettare le cosiddette "date di consegna"; ritmi distruttivi che possono minare la salute psico-fisica dei malcapitati, il tutto messo in scena con una maestria incredibile (una gioia per gli occhi).
Perla assoluta in un periodo in cui l'animazone giapponese stava raggiungendo vette quasi irripetibili (poi bissate grazie alla cosiddetta NAS: nuova animazione seriale, al cui timone troviamo Hideaki Anno e Shin'ichiro Watanabe).
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